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All’inizio era una tentazione quella di poter ricordare Roberto Rossellini, un grande uomo di cultura romano, italiano, europeo, al quale dobbiamo tutti molto.
Leggendo la sua sceneggiatura cinematografica, che ha intuizioni profonde e immagini di grande suggestione (dal quale Manlio Santanelli è partito per la sua bella e autonoma scrittura), mi sono reso conto che senza cadere in tentazione con il cinema, potevo cogliere l’occasione di costruire un fatto teatrale.
Del resto Rossellini aveva voluto compiere un atto d’amore per il teatro, per l’attore, per la maschera, scrivendo questo testo su Pulcinella e su Michelangelo Fracanzani (e un pò su sé stesso).
Quando fa dire a Fracanzani: “devo andarmene via, via da questa Babilonia infame” sente la necessità di ribadire ragioni che nei vari anni, nelle varie epoche, e nelle varie storie d’Italia hanno stimolato il viaggio. La fuga verso un luogo sognato “altro” che poi, spesso, torna ad essere quello da cui si parte.
Così è stato per Michelangelo Fracanzani, quando lascia Napoli per passare per Roma ed arrivare poi a Parigi; così è stato per tanti comici della Commedia dell’Arte che hanno fra l’altro contribuito a fare grande l’Europa.
Così, singolarmente, da un testo per il cinema, mi è nata la voglia di tentare un’operazione di teatro puro, senza contaminazioni di altri linguaggi, per parlare di teatro quindi, delle nostre illusioni e delle nostre speranze. Ho naturalmente pensato a Massimo Ranieri e credo sia l’unico grande attore italiano capace di trasmettere le emozioni, la malinconia, la rabbia e le speranze di una maschera come Pulcinella, di un popolo come quello napoletano e, in definitiva, di un uomo “Sud”.
Maurizio Scaparro