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Madre Coraggio e i suoi figli è presentata per la prima volta a Zurigo il 19 aprile 1941, con la regia di Leopold Lindtberg e con Therese Giehse nei panni della vivandiera Anna Fierling. Nonostante il successo, Brecht non è soddisfatto dell’allestimento non condividendo l’interpretazione tragica del personaggio. Mostrerà lui come l’ha inteso in quel preciso momento storico, quando, l’11 gennaio 1949, inaugurerà a Berlino Est, proprio con Madre Coraggio, il Berliner Ensemble. Nel corso degli anni le repliche di questo allestimento saranno più di 500.

Nel 1950 Brecht curerà nuovamente la regia dell’opera per le rappresentazioni ai Kammerspiele di Monaco con Therese Giehse come protagonista; la grande attrice tedesca, che aveva già interpretato lo stesso ruolo nella prima assoluta di Zurigo del ’41, tornerà ancora a vestirne i panni, nel 1958, allo Schauspielhaus di Francoforte.

Madre Coraggio si afferma a livello internazionale come una delle opere più allestite di Brecht.

Al di fuori dei paesi di lingua tedesca, la tragedia viene allestita nel 1951 da Jean Vilar al Théâtre National Populaire dando il via all’interesse francese per Brecht, rafforzato, in modo determinante, a partire dal 1954, grazie alla tournée del Berliner Ensemble che ottiene il primo premio al Festival delle Nazioni di Parigi proprio con Madre Coraggio. Nel corso delle celebrazioni per il primo centenario della nascita di Brecht, nel 1998, la Comédie Française inserisce, nel proprio repertorio, l’opera con la regia di Jorge Lavelli e con protagonista Catherine Hiegel, coronando così la fortuna scenica di Brecht in Francia.

In Italia è Luciano Lucignani a portare in scena per la prima volta Madre Coraggio e i suoi figli al Teatro dei Satiri di Roma nel 1952, con scene e costumi di Renato Guttuso e Cesarina Ghepardi protagonista. Nella stagione 1969/70 è il Teatro di Genova ad allestire l’opera con Lina Volonghi come interprete principale per la regia di Luigi Squarzina. Nel 1991 è la volta di Piera degli Esposti guidata dal regista Antonio Calenda; nella stagione 1995/96 è il Piccolo Teatro di Milano a realizzare una lettura scenica con musiche, curata da Carlo Battistoni, con Giulia Lazzarini nei panni della protagonista e Moni Ovadia in quelli del cuoco.

Nella stessa stagione, anche Jérôme Savary si cimenta in una coproduzione franco-austro-tedesca itinerante per l’Europa, portando in scena, con Katharina Thalbach, una Madre Coraggio giovane e provocante. Tra gli ultimi allestimenti vi è quello dello Stabile di Genova, nel 2002, con Mariangela Melato nel ruolo della protagonista diretta da Marco Sciaccaluga e quello del Piccolo di Milano nella stagione 2005/06 con Maddalena Crippa regia Robert Carsen.


LA GUERRA DEI TRENT’ANNI

Tra il 1618 ed il 1648 le maggiori potenze dell’Europa continentale furono coinvolte nella Guerra dei Trent’anni considerata una delle guerre più distruttive della storia europea.

Le cause del conflitto furono molteplici: a quelle puramente religiose, che videro contrapporsi i cattolici ai protestanti si aggiunsero tendenze egemoniche o d’indipendenza di vari stati, rivalità commerciali, ambizioni personali e gelosie familiari.

La defenestrazione di Praga (23 maggio 1618), quando due messi imperiali furono scaraventati, da alcuni protestanti boemi, giù dalle finestre del Palazzo Reale (salvati dalle immondizie che riempivano il fossato del castello), segna l’inizio del conflitto che visse quattro fasi: boemo-palatina (1618-1625); danese (1625-1629); svedese (1630-1635); francese (1635-1648).

I nobili boemi si ribellarono alla corona imperiale e, nel 1619, elessero re il calvinista Federico V conte del Palatinato. L’esercito protestante conseguì strabilianti successi, tanto da giungere fin sotto le mura di Vienna. Tuttavia, l’incapacità di Federico V di conquistare la fiducia sia dei sudditi sia dei generali che guidavano le truppe permise alla Lega Cattolica (nata in Germania nel 1609 per contrastare l’Unione evangelica) guidata dal generale Tilly, di ottenere la vittoria decisiva l’8 novembre 1620 nella battaglia della Montagna Bianca, nei pressi di Praga. A seguito di tale sconfitta, Federico V fu costretto all’esilio.

Con questi eventi termina la prima fase (periodo boemo) della Guerra dei Trent’anni; le conseguenze per gli sconfitti furono davvero pesanti in quanto, col pretesto di ristabilire la religione cattolica, furono commesse gravi persecuzioni ai danni dei protestanti costretti, a forza, ad abiurare la propria fede; la nobiltà boema dovette cedere le proprie terre a favore dei feudatari tedeschi giunti al seguito dell’Imperatore Ferdinando II; il tedesco fu proclamato lingua ufficiale e tutte le cariche pubbliche vennero conferite a funzionari tedeschi.

Di lì a poco il conflitto esplose di nuovo (fase danese) quando Cristiano IV re di Danimarca e Norvegia, desideroso di estendere i suoi possedimenti nell’Europa baltica, sposò la causa protestante e si alleò con Olanda e Inghilterra per contrastare l’egemonia asburgica. La Danimarca ricevette notevoli aiuti dalle potenze sue alleate e anche dalla Francia che, sotto la guida del cardinale Richelieu cominciò a contrastare la politica espansionistica degli Asburgo. Nel 1625 la guerra ricominciò con l’invasione della Sassonia; l’imperatore Ferdinando II, non avendo i mezzi per approntare, in breve tempo, un esercito, si rivolse ad Alberto di Wallenstein, nobile boemo di nascita ma tedesco di nazionalità che, a sue spese, formò un esercito di 30.000 mercenari disciplinati e ben addestrati all’uso delle armi.

Unitamente alle forze della Lega cattolica comandate dal generale Tilly, l’esercito di Wallenstein liberò i territori occupati vincendo prima a Dessau, nell’aprile 1626, e poi a Lutter nell’agosto successivo; infine costrinse Cristiano IV a ritirarsi fin quasi a Copenhagen. Con l’editto di restituzione (marzo 1629) e il successivo trattato di Lubecca (maggio 1629) si concluse la fase danese del conflitto; Cristiano IV perse numerosi possedimenti tedeschi e i principi luterani dovettero restituire tutti i beni espropriati alla Chiesa Cattolica dopo il 1552. Per le sue vittorie Alberto di Wallenstein ricevette in dono il Ducato di Mecklemburgo.

Nel 1630 ha inizio la fase svedese del conflitto con l’entrata in guerra della Svezia, guidata da Gustavo II Adolfo (di fede luterana) appoggiato da Francia e Russia; lo zar Michele Fiodorovic si impegnò molto per sostenere la Svezia non solo dal punto di vista economico ma anche diplomaticamente perorandone la causa anche presso altre corti europee. Nell’estate del 1630 Gustavo Adolfo raggiunse le coste della Pomerania con un esercito ottimamente addestrato ma non poté compiere subito operazioni a vasto raggio, poiché i principi protestanti tedeschi, ancora scossi dalla precedente sconfitta, non trovavano il coraggio di raggiungere il campo svedese; tale indecisione giocò a favore delle armate cattolico-imperiali che, guidate dal generale Tilly, conquistarono la roccaforte protestante di Magdeburgo (1631) dove compirono un terribile massacro.

Gustavo Adolfo, con l’appoggio dei principi di Brandeburgo, Sassonia, Assia-Kassel e Brema, iniziò la propria avanzata riportando una prima vittoria a Breitenfeld (settembre 1631) e nell’aprile successivo nei pressi del fiume Lech. In questa battaglia il generale Tilly perse la vita e con la sua morte l’imperatore Ferdinando II fu costretto a richiamare il Wallenstein (precedentemente licenziato per le gelosie dei principi tedeschi) che, riorganizzato il suo esercito, affrontò gli svedesi nella battaglia di Lützen. Lo scontro terminò con la vittoria degli svedesi e la morte del loro re, Gustavo Adolfo. Il Wallenstein, accusato di non riuscire più a vincere sul campo di battaglia, fu destituito dall’Imperatore e, sospettato di essere passato al campo avversario per aver promosso negoziati di pace, fu assassinato (25 febbraio 1634) nella fortezza di Eger, dai suoi stessi ufficiali.

Il 6 settembre 1634 a Nordlingen l’esercito svedese, allo sbando dopo la morte di Gustavo Adolfo, subì una dura sconfitta da parte delle truppe imperiali rafforzate da cospicui contingenti di truppe spagnole, ed iniziò la sua ritirata in patria mentre i principi protestanti di Sassonia e Brandeburgo sottoscrissero la Pace di Praga (aprile 1635).

La nuova vittoria imperiale spinse la Francia a venire allo scoperto: il conflitto si trasformò da scontro confessionale a lotta politica per l’egemonia europea. Inizia l’ultima fase della Guerra dei Trent’anni: il periodo francese (1635-1648).

Ferdinando II dichiarò guerra alla Francia di Richelieu, sostenitrice di tutti i precedenti tentativi antiasburgici, che si alleò con la Svezia e con vari principi protestanti tedeschi nonché con Olanda, Savoia, Venezia, Ungheria e Transilvania. La prima fase, segnata da diverse sconfitte e difficoltà militari anche a causa della poca compattezza dell’alleanza antiasburgica, durò all’incirca fino al 1641. Solo dopo la morte di Richelieu e l’ascesa del cardinale Mazzarino (1642), i francesi iniziarono ad avere la meglio sugli avversari: nel 1643 vinsero sugli spagnoli a Rocroi. L’anno dopo, sulle truppe bavaresi ed austriache a Friburgo (agosto 1644) e a Nördlingen (agosto 1645). A seguito di questi eventi, ebbero inizio dei negoziati di pace che, per molto tempo, rimasero infruttuosi; fu solo dopo una definitiva sconfitta dell’esercito austro-bavarese nel maggio 1648, i successivi assedi di Praga e Monaco, la vittoria francese di Lens (agosto 1648) e la minaccia di un possibile attacco a Vienna che l’imperatore Ferdinando III (succeduto a Ferdinando II) accettò le condizioni dettate dai vincitori firmando la Pace di Westfalia (24 ottobre 1648). Con la firma dei trattati di pace, gli Asburgo rinunciarono ai loro desideri di egemonia in Europa, ma la lotta per il potere continuava tra Francia e Spagna (il conflitto cessò solo nel 1659 con la Pace dei Pirenei).

Le conseguenze della guerra furono considerevoli sotto vari profili: sul piano demografico si ebbe un calo della popolazione tedesca del 15 – 20% e si ritiene che non furono gli eventi bellici di per sé a provocare perdite ingenti in termini di vite umane, ma la mancanza cronica di vettovaglie e il diffondersi ripetuto di epidemie. Sul piano economico i saccheggi, i furti e le distruzioni indiscriminate provocarono un impoverimento generale accentuato dall’incremento delle tasse introdotte dai vari stati per il mantenimento degli eserciti, mercenari e non. Dal punto di vista politico gli effetti furono molteplici poiché la guerra sancì la frammentazione della Germania in stati di fatto indipendenti (l’unificazione della Germania si avrà solo nel 1871); l’affermazione dell’egemonia francese a discapito della Spagna (costretta a combattere su più fronti e a dover riconoscere l’indipendenza dell’Olanda e del Portogallo); il predominio della Svezia nell’Europa del nord. La Guerra dei Trent’anni è da considerarsi l’ultima grande guerra “di religione” combattuta sul suolo europeo e con la Pace di Westfalia sancì l’affermarsi del concetto di Stato Sovrano.