Oreste – scene
Due messe in scena di tragedie dello stesso autore, ravvicinate non solo dalla consecutività della vicenda ma anche dall’identità del cast artistico nella sua totalità, rappresentano un’esperienza nuova molto stimolante.
Ciò che accomuna le scelte da me operate nella creazione delle due scenografie è il rispetto del luogo in cui sono collocate, in senso spaziale, ovviamente, ma anche in senso qualitativo. Non ho cercato nulla che tentasse di imitare i materiali esistenti nel luogo, nulla che tentasse di pretendere di essere ciò che non è. Il tavolato di copertura è stato a sua volta ricoperto della stessa terra del luogo. I materiali usati per la costruzione sono veri, stoffa, corda, legno, ferro, senza make up.
Ciò che invece distingue la scenografia dell’Oreste da quella dell’Elettra è la prospettiva. Per l’Elettra lo spazio del teatro è rimasto completamente aperto, nella sua ampiezza totale, quasi a dare una visione aerea, complessiva, di chi guarda da lontano.
Per l’Oreste, invece, la scelta opposta, il ripristino di una skenè in legno chiude la vista dello spazio retrostante e limita e restringe la visione, quasi a osservare da vicino e intimamente la macerazione di Oreste e degli altri personaggi.
Non c’è collocazione temporale né geografica precisa dei due luoghi suggeriti. Le vicende che vi si svolgono sono vicende eterne dell’uomo.
Bruno Buonincontri