Servo per due – note di regia
Sono in treno da Trieste a Firenze, domani sera faremo spettacolo alla Pergola, forse il teatro all’italiana più bello del mondo.
Un anno fa esatto eravamo alla Sala Uno. Uniti dalla voglia di fare qualcosa, di sognare, abbiamo messo in scena 29 spettacoli in due mesi. Marco Balsamo è stato il primo a captare che dietro quella voglia c’era un’energia inconsueta e a crederci. Ci ha dato la possibilità di iniziare a progettare concretamente uno spettacolo, ci ha dato le strutture per poter lavorare e studiare come desideravamo, ci ha messo in contatto con Gli Ipocriti senza la cui fiducia ed entusiasmo niente di tutto questo sarebbe stato possibile.
Queste note non esisterebbero se non ci fossero stati questi incontri e il coraggio di rischiare in proprio avuto da queste persone.
Potrei parlare a lungo del lavoro, del percorso che abbiamo intrapreso per mettere in scena lo spettacolo che state per vedere ma credo che a parlare per noi debba essere lo spettacolo e se non ci riesce potete e dovete farcelo notare.
Quando parliamo di quello che vorremmo costruire con il nostro gruppo ci sentiamo spesso rispondere con la parola Utopia.
Noi preferiamo la parola Sogno o Progetto perché questi ultimi, con il lavoro e la passione sono per definizione realizzabili.
Ora basta con le chiacchiere!
Mettetevi comodi:
‘Ha inizio lo spettacolo’
Pierfrancesco Favino
Tre anni fa Richard Bean, per il National Theatre di Londra, scrive un adattamento de Il servitore dei due padroni di Carlo Goldoni ambientandolo a Brighton negli anni ’60 e lo intitola One man, two guvnors. Lo spettacolo è così divertente che è ancora oggi in scena nel West End registrando il tutto esaurito da tre anni.
Dopo il successo dell’esperienza di REP e del gruppo Danny Rose e dopo alcuni incontri di lavoro con Marco Balsamo abbiamo deciso di cercare un’impresa teatrale che potesse partecipare al progetto One man, two guvnors (Servo per Due); abbiamo così intrapreso quest’avventura con la Compagnia Gli Ipocriti diretta da Melina Balsamo.
Pierfrancesco Favino ed io eravamo consapevoli che sarebbe stata una vera sfida coinvolgere il maggior numero di attori ed attrici del nostro gruppo creando due cast che potessero alternarsi a periodi di due mesi ciascuno. Certo la paura di schiantarci come una nave sugli scogli era sempre presente nei nostri pensieri ma l’abbiamo tenuta a bada.
Da subito si sono aggiunti Alessandro Lai, costumista, Luigi Ferrigno, scenografo e Cesare Accetta per le luci.
Al momento di scegliere il gruppo di musicisti che doveva supportare lo spettacolo, creando intermezzi musicali stile avanspettacolo tra una scena e l’altra, arrangiando le canzoni anni ’30 e portando lo spirito gioioso di cui avevamo bisogno, ho immediatamente proposto il gruppo Musica da Ripostiglio: musicisti e persone meravigliose che hanno immediatamente aderito al progetto.
Insieme a Pierfrancesco Favino, Marit Nissen e Simonetta Solder ho tradotto il testo e ambientato la storia a Rimini nel 1936, trasportando la tipica comicità inglese nel nostro mondo e trovando nuova linfa dall’adattamento; in fin dei conti Carlo Goldoni è italiano!
Sin da subito è stato chiaro che avremmo dovuto fare un’immersione nel mondo della Commedia dell’Arte, passando attraverso seminari di acrobatica, clown e maschera, che sarebbero durati due settimane ciascuno; l’esperienza è stat fondamentale e gradualmente ci ha portati ad un maggior grado di consapevolezza. Successivamente ad ogni attore abbiamo affidato il compito di studiare un’animale che ci sembrasse adatto al personaggio che avrebbe interpretato, per poi inserirlo nel movimento e nel linguaggio, caratterizzandone l’azione.
L’arrivo alle prove di Gabriele Foschi e Fabrizio Angelini ha introdotto il lavoro fondamentale del canto e del ballo che sono parte indispensabile del nostro allestimento. Solo dopo questo processo, abbiamo ripreso in mano il testo.
Se dovessi raccontare questi mesi come un diario non basterebbe un libro. Abbiamo lavorato duro, con passione e dedizione e non senza momenti difficili. È accaduto che a turno ciascuno di noi accumulasse tensioni e qualcuno, magari inforcando il proprio zaino, se ne andasse sbattendo la porta con la promessa/minaccia di non tornare mai più, per poi presentarsi il giorno successivo e dopo un sintetico, doveroso chiarimento, rimettersi a lavorare con la stesso amore di prima. Posso certamente riassumere il tutto con queste parole: “Sbrocco semplice o con zainetto…”.
Le prime conferme del pubblico “pagante” ci hanno dato la consapevolezza che questo percorso era necessario per un risultato eccellente. Quando il pubblico afferma con convinzione “…la cosa bella di questo spettacolo è vedere una meravigliosa collaborazione tra gli attori così rara da trovare…e tutte quelle trovate poi…” non fa altro che confermare che abbiamo raggiunto lo scopo e mi fa ripensare a tutte quelle passeggiate notturne al Testaccio con Pierfrancesco, dove ci venivano idee bizzarre chiedendoci se avrebbero mai funzionato.
Devo aggiungere che senza l’impegno e la generosità di Pierfrancesco Favino non saremmo qui adesso e non scriverei nessuna nota. Quando un attore di grande talento e, soprattutto, amato come lui, sceglie di mettere in scena uno spettacolo che coinvolge 20 tra attori e attrici e 4 musicisti, e poi si sacrifica in prove estenuanti per quasi un anno e rinuncia a tanto, vuol dire che sta e stiamo facendo qualcosa di nuovo in questo momento storico per la cultura di questo paese, ed è esattamente lo spirito di REP e del gruppo Danny Rose nonché de Gli Ipocriti.
P.S. La nave di Servo per due non si è schiantata e non è un caso che assomigli al Rex di Federico Fellini.
Paolo Sassanelli