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Eduardo, più unico che raro

di Eduardo De Filippo

Atti unici di Eduardo De Filippo – regia Giancarlo Sepe
scene e costumi Carlo De Marino
musiche a cura di Harmonia Team con la collaborazione di Davide Mastrogiovanni
disegno luci Perceval
interpreti: Rocco Papaleo, Giovanni Esposito, Pino Tufillaro, Elisabetta D’Acunzo, Angela De Matteo, Antonio Marfella, Giampiero Schiano, Antonio Spadaro, Simone Spirito

Trama

In questo spettacolo sono rappresentati per intero solo alcuni atti mentre di altri ne vengono realizzate alcune scene; di seguito brevi note sugli atti unici più completi messi in scena:

Pericolosamente (1938)
Interprete principale di questo atto unico è Dorotea, una brava donna, ma con un carattere così impossibile che – a detta del marito Arturo – può essere domata solo a colpi di pistola. L’arma, di cui egli si serve, è caricata a salve, ma Dorotea non lo sa e ogni volta crede di dovere la propria salvezza a un miracolo. Per poter sviluppare l’intreccio, Eduardo si serve, oltre che della coppia marito domatore-moglie domata, di un terzo personaggio, Michele, un amico del primo, in cerca di una stanza da affittare dopo quindici anni trascorsi in America. Da allibito testimone dell’incredibile comportamento di Arturo, Michele si trasforma in suo complice.

Sik – Sik, l’artefice magico (1929)
Sik-Sik è un illusionista che si esibisce con la moglie Giorgetta, visibilmente incinta, in teatri di infimo livello. Una sera il mago è costretto, all’ultimo momento, a sostituire Nicola, il suo assistente/palo, con Rafele, uno sprovveduto capitato lì per caso. Una scelta che si rivelerà disastrosa per il mago…. Le due spalle litigheranno tra loro; i giochi truccati falliranno miseramente e Sik – Sik sarà l’unico a pagarne le conseguenze.

La voce del padrone (1932)
La commedia racconta del travagliato tentativo di effettuare la registrazione, in sala d’incisioni di una canzone… Arriva dapprima il tecnico, poi il direttore della sala, il maestro Scardeca, che “modestamente… aggiustò la Bohème di Puccini”; il violinista Attilio, con la testa fasciata, “colpa del litigio con la sua signora che lo ha violentemente colpito con una spazzola, perché se la “intendeva” con la portinaia”. Ancora la cantante Fiammetta Flambò, che ama esibirsi esclusivamente in strada, nelle piazze, nei ristoranti, nei bar ma, chissà perché mai nei teatri; il trombonista Camillo colpito da continui attacchi di tosse convulsa; Nicola il maestro di clarino venuto, “fresco, fresco“ dal dentista che gli ha estirpato i tre denti anteriori; ancora Vincenzo rullante, ovvero il batterista con qualche “piccolo problema” ed infine la vera cantante Clara, moglie di Attilio. Ecco l’orchestra: è al gran completo pronta per l’incisione…

Note di regia

Gli atti unici di Eduardo sono stati sempre una lettura e basta per me, o meglio non li ho mai affrontati, leggendoli, per metterli in scena. Ed ora mi trovo a che fare con una minuzia di personaggi che si dibattono in spazi angusti e depositari di umori a volte fugaci, surreali, focosi e poetici. Come se tutti i protagonisti delle opere più importanti avessero in questi brevi componimenti la loro radice emotiva, il loro pensiero inconfessabile, la loro perversione fatta di gelosia e vendetta. Sembrano appunti e note scritte dall’autore velocemente, dopo aver assistito ad un curioso accidente, ad un fatto familiare, a cronache ridicole di storie ridicole riportate su colorite gazzette locali. Per un napoletano la lettura degli atti unici è come un affaccio su di una viuzza piena zeppa di persone che s’incontrano, si parlano addosso, si amano e si spiano, persone che cantano e si disperano, mentre la vita scorre dando l’impressione di non aver bisogno di esseri così comuni e così vittime di quelle piccole tragedie quotidiane fatte di niente e di tutto. Beckett scrive: “non c’è nulla di più comico dell’infelicità“. Penso che specie negli atti unici Eduardo e Beckett parlino la stessa lingua.

Giancarlo Sepe


Recensioni

Un Eduardo non filologico ma perfetto.

In “Eduardo, più unico che raro!” Giancarlo Sepe con bella dinamica costruisce un percorso incalzante e divertito all’interno di cinque atti unici del grande autore, smembrando, tagliando, analizzando, trovando corrispondenze, cercando lievità e profondità. Il risultato è uno spettacolo che si muove a ritmo eduardiano in un’alternanza di gioie e dolori, eroismi e viltà, piccole beghe e poetiche illuminazioni, quasi fosse il ritmo impresso da una memoria che ricorda, sovrappone, dimentica, si esalta e si avvilisce, corre per poi fermarsi. E tenendo come assi portanti i più famosi “Pericolosamente” e “Sik Sik”, Sepe crea una drammaturgia originale che con raffinatezza riesce sempre a far trapelare la densa umanità del mondo di Eduardo. E in questo comporsi e scomporsi tra balli e piccole coreografie, tra pizziche, ricordi melodici e tamburiate, una compagnia di bravi attori fa vivere personaggi che non sono mai macchiette e qualora lo debbano essere sono trattenute da rigida misura. Bravissimi Rocco Papaleo e Giovanni Esposito, il primo con una presenza fatta di piccoli gesti, un recitare mai scontato e enfatico, il secondo con la sua ricca vena comica caratterizzata dalla ricerca di equilibri mai ovvi. Uno spettacolo che può far arricciare il naso ai filologi edoardiani ma che è divertimento e sapienza.

Magda Poli

Corriere della Sera – edizione Milano

30-04-2011


Le antiche parole di Eduardo nel gran gioco della memoria

‘EDUARDO più unico che raro!’, messo in scena al Diana da Giancarlo Sepe. Successo e divertimento. Ma anche suggestione e scoperte di possibili visioni inattese. Sepe, con i suoi attori, messi insieme dalla compagnia ‘Gli Ipocriti’, capitananti da Rocco Papaleo e Giovanni Esposito, imprime il suo segno poetico di corporea vitalità e incalzante emozione ai brevi racconti, raccolti in un titolo non seducente, ma dichiarata testimonianza d’ amore verso il grande autore napoletano. Percorso attraverso alcuni ‘atti unici’, messi insieme non come separate drammaturgie ‘in successione’, ma piuttosto come unica drammaturgia della memoria e dell’ invenzione che si esalta e si moltiplica. Quello di Eduardo De Filippo è infatti un universo che ogni attore vorrebbe percorrere, meta ambiziosa e gratificante, labirinto in cui il rischio di perdersi è costante. Evidente quindi la volontà di inventare, sfuggendo alla seduzione della semplice riproposta di battute e di meccanismi costruiti dal giovane Eduardo esaltando il lavoro dell’ attore anticipando il segno di tanto suo teatro a venire. Bisogna quindi dare merito a Giancarlo Sepe di aver cercato, riuscendovi in gran parte, di aver fatto suo quel grande teatro, nell’ originalità di un linguaggio identificabile, ‘oltre’ quello di partenza. Chi non ha amato infatti il magnifico gioco di ‘Pericolosamente’, di ‘Occhiali neri’, di ‘Sik Sik l’ artefice magico’, di ‘La voce del padrone’? Titoli che ci portano immediatamente alla memoria il tessuto, e il successo, del grande universo eduardiano. Scritti tra il 1938 e il 1945, andando alla conquista del teatro napoletano prima, internazionale poi, lasciandovi un segno tanto profondo quanto rischioso per chi vi si avvicina. Giocano bene la loro partita Rocco Papaleo e Giovanni Esposito, in bella coppia, divertente per disomogenee ispirazioni e irresistibili invenzioni. Con loro Angela De Matteo e Antonio Marfella, Elisabetta D’ Acunzo, Antonio Spadaro, Giampiero Schiano, Simone Spirito. Sepe e i suoi scelgono infatti questa memoria come motore, e se ne allontanano costruendo una drammaturgia in cui trovano spazio, come preziosi rimandi, altri frammenti di quel teatro fatto di ‘atti unici’. Riscrivendo e forzando, piegando e rimodellando verso territori di surreali comicità il gioco dei rifiuti e delle riconquiste, quello delle eroiche rinunce d’ amore, quello delle confusioni impossibili e truffaldine. Solitudini che si sommano, risate che si venano di tristezza. Qualcosa si perde nel disperato percorso di ‘SikSik’ in sovraccarico di comicità, e qualcosa invece s’ inceppa nel gioco forsennato dei cantanti in procinto d’ incidere la loro canzone de ‘La voce del padrone’. Repliche fino a domenica 23.

Giulio Baffi

la Repubblica – edizione Napoli 16.01.2011


Papaleo e Esposito: incontenibili

Un De Filippo tarantolato quello in scena al Diana fino al 23 gennaio. Il regista Giancarlo Sepe, infatti, cuce insieme i vari pezzi brevi di “Eduardo, più unico che raro!” incastonandoli su una sorta di “artéteca” collettiva che coinvolge tutto il cast a partire dalla prima scena. Quando cioè, su il sipario, il pubblico ritrova i vari interpreti ad agitarsi in modo scomposto in una sorta di danza catartica – a dire il vero più salentina che napoletana -, e in cui atmosfere balcaniche si inseguono con ritmi di pizziche e tammorriate. Su questa cadenza si sviluppa poi il recitato vero e proprio, in cui Rocco Papaleo e Giovanni Esposito la fanno da mattatori, trascinando la gente a sbellicarsi come da tempo non si vedeva a teatro. Merito dei diversi testi di Eduardo, da “Filosoficamente” a “La voce del padrone”, da “Pericolosamente” all’esilarante “Sik Sik, l’artefice magico”, ma – bisogna pur riconoscerlo – anche dell’andamento freneticamente farsesco che la regia e la verve degli attori (Pino Tufillaro, Elisabetta D’Acunzo, Angela De Matteo, Antonio Marfella, Giampiero Schiano, Antonio Spadaro e Simone Spirito) impongono alla rappresentazione. E allora restino lontani dal Diana i filologi dell’Eduardo giovanile, perché troppe invenzioni (e violazioni) riscontrerebbero nelle improvvisazioni del cast, ma affollino la sala quegli spettatori a caccia di una serata di incontenibile divertimento.

Stefano de Stefano

Corriere del Mezzogiorno 16.01.2011


‘Eduardo, più unico che raro!’, una allegra, scatenata, sorpresa

Curiosa la storia dell’Ambra Jovinelli. Avevo capito che il tempio romano della satira, dopo la chiusura, avrebbe riaperto alla Garbatella. Questo fraintendimento, se tale è, mi risultava suffragato da altre persone. Tutti avevano capito la stessa cosa. In un secondo momento, e del tutto casualmente, cioè scorrendo la pagina dei tamburini, scopro che all’Ambra c’è in scena uno spettacolo intitolato «Eduardo, più unico che raro!»: un titolo abbastanza anonimo, ma tutt’altro che anonima la regia, nientemeno che Giancarlo Sepe. Le sorprese non erano finite. Non solo nulla sapevo dell’esistenza di questo spettacolo, ma leggevo, e poi verificavo, che l’Ambra Jovinelli era (è) in via Guglielmo Pepe, vale a dire dove è sempre stato. Come spiegarsi questi equivoci, queste ignoranze? Non so. Ma la sorpresa più grande era proprio lo spettacolo, uno dei più felici del Sepe degli ultimi anni senz’altro migliore delle pur brillanti prove, con lo stesso Eduardo, di Carlo Lecchi e di Silvio Orlando. L’insieme è come fosse scaturito, per partenogenesi, dal precedente, acclamatissimo, «Napoletango». Vi è una analoga cornice, un filo che tiene uniti i brevi testi di Eduardo attraverso il puro movimento scenico, sempre danzante, di ben nove attori: danzante, scatenato, allegro per una Napoli che conosciamo ma che, quando si manifesta a questi livelli coreografici e interpretativi, sempre ci rapisce. Ciò che fa di «Eduardo, più unico che raro!» uno spettacolo migliore di «Napoletango» sono due fattori. Su cinque degli atti unici di Eduardo (di alcuni non vi sono che frammenti), due sono giustamente celeberrimi: «Sik-Sik, l’artefice magico» del 1929, e «Pericolosamente» del 1938. L’altro fattore è la presenza di Rocco Papaleo e di Giovanni Esposito. In «Sik-Sik», che era un cavallo di Eduardo con Peppino a fargli da spalla, la spalla è Esposito: qui è proprio lui a dare un contributo di comicità nella famosa scena in cui il presunto mago lo istruisce, in quanto novizio, riguardo ai suoi (risibili) trucchi. La comicità di Esposito è tutta gestuale, gli basta piegare il capo, o spostare una spalla per rendere esplosivo un discorso già di per sé umoristico. In «Pericolosamente», con la sua postura, ma in specie con i cambi di ritmo nelle risposte che dà all’amico di tutto ignaro, e alla moglie che in lui crede ciecamente e alla quale, per piegarla alle sue intenzioni, spara ogni minuto un colpo (a salve) dal quale sempre lei si sente per un miracolo sopravvissuta – con i suoi cambi di ritmo, dicevo, a mandare in visibilio la platea è Rocco Papaleo. Occorre dire che accanto a loro vi sono partner all’altezza della situazione, che non sbagliano mai: Elisabetta D’Acunzo, Angela De Matteo, Pino Tufillaro, Antonio Marfella, Giampiero Schiano, Antonio Spadaro e Simone Spirito.

Franco Cordelli

Corriere della Sera 17.01.2011