ELETTRA
di Euripide
traduzione Umberto Albini e Vico Faggi
regia Piero Maccarinelli
scene Bruno Buonincontri
costumi Santuzza Calì
musiche Marco Betta
luci Claudio Coloretti
movimenti scenici Giuditta Cambieri
con Elisabetta Pozzi
Leda Negroni, Anita Bartolucci, Tommaso Ragno, Roberto Abbati, Francesco Acquaroli, Sandro Palmieri, Lucia Schierano, Stefano Cenci, Francesca Agate, Chiara Baffi, Margherita Patti, Giulia Weber
in coproduzione con Fondazione TeatroDue
Siamo nell’Argolide, in una zona montana, qui è stata relegata Elettra, la figlia di Agamennone umiliata da Egisto e Clitemnestra con un matrimonio degradante per una principessa reale: costretta a sposare un contadino povero. Nutre dentro di sé un odio feroce contro la coppia omicida e usurpatrice che le ha tolto rango e ricchezze. Si sente una vittima, accentua la propria condizione di perseguitata e sogna astiosamente la vendetta. La attuerà con ferocia quando a Lei si unirà il fratello Oreste, rientrato nascosto nel paese.
Nel prologo il contadino informa gli spettatori sugli antefatti e su come egli abbia sentito l’obbligo di non toccare una moglie di così nobili natali. Subito dopo, esce dalla bicocca Elettra, per recarsi ad attingere acqua alla fonte, accompagnata dalle ancelle, e si sfoga sul proprio amaro destino.
(..Nera notte, nutrice di stelle d’oro, pesa sul mio capo questa brocca con cui scendo alle sorgenti del fiume. No, non sono ridotta a questo punto di miseria: voglio denunciare agli dei l’arroganza di Egisto e piangere mio padre al cospetto dei cieli. Mia madre, l’infame, mi ha scacciata di casa per far piacere al suo sposo: lei sta al fianco di Egisto, gli ha generato altri figli; Oreste e me, non ci considera più.)
Intanto arriva furtivamente Oreste con il fido Pilade: Apollo gli ha imposto di punire con la morte gli assassini di suo padre. I due stranieri appostati vengono scoperti da Elettra, che tenta la fuga; ma quando uno di loro dichiara di portare un messaggio di Oreste, gli apre il cuore, si diffonde sulle miserie che patisce e sulla necessità di punire i colpevoli Egisto e Clitemnestra.
Entra il Contadino, che accoglie con cordiale scambio di convenevoli gli stranieri la cui presenza lo aveva sconcertato. Elettra manda a cercare il vecchio Aio paterno, perché rechi provviste degne degli ospiti. Il Coro rievoca la partenza delle navi greche contro Troia, descrive le armi di Achille, si augura l’imminente fine di Clitemnestra
(… Navi gloriose approdate a Troia,
sullo slancio di innumeri remi,
danzando in gara colle Nereidi;
sulle onde balzava,
amico del flauto, il delfino,
volteggiando tra prue cupoazzurre,
scortava nel viaggio il figlio di Tetide,
Achille, agile nel salto,
e Agamennone, ai lidi di Troia,
alle rive del Simoenta……)
Con il carico delle provviste si presenta l’Aio, felice: offerte sacrificali e una ciocca di capelli sulla tomba di Agamennone lo hanno convinto a credere che Oreste è in Argo. Le sue argomentazioni non persuadono Elettra, ma quando Oreste esce di casa, l’Aio ne scopre quasi immediatamente l’identità: ha luogo dunque il sospirato riconoscimento tra fratello e sorella.
Insieme i tre concertano un piano di azione: eliminare Egisto che si trova nei campi per un sacrificio, attirare Clitemnestra nella dimora di Elettra, con la falsa notizia che è nato un bambino.
Un messo, dopo che si erano udita grida lontane, giunge con la notizia trionfale: Egisto è stato ucciso, i suoi servi, riconosciuto il figlio di Agamennone, si sono schierati ora al suo fianco.
(… Egisto prese in mano le sacre interiora e le osserva. E mancava al fegato un lobo, gli orifizi e i condotti della bile annunziavano l’incombere di funesti assalti a chi li esaminava. Egisto si accigliò e il mio padrone gli chiese:<Come mai ti turbi?>. <Stranieri, io temo insidie esterne. E’ in vita l’uomo che più aborrisco al mondo, il figlio di Agamennone, ed è nemico alla mia casa>. Replicò Oreste:<Come, temi le insidie di un esule, tu, il signore della città? Ma via!>. <Per banchettare con le carni della vittima, qualcuno mi porga una lama tessala… e io spezzerò il dorso della bestia>. Avuto il coltello, cominciò a tagliare. Egisto, presi i visceri, li scrutava uno per uno. Mentre si china, tuo fratello, rizzandosi sulla punta dei piedi, lo colpisce tra le vertebre, spezzandogli il dorso: tutto il corpo sussulta e Egisto grida il dolore, nell’agonia, lottando contro la morte…)
Oreste compare ostentando un macabro trofeo, la testa mozzata di Egisto. I miseri resti sono occultati in un angolo perché Clitemnestra non li veda. La regina fa il suo ingresso, tenta un inutile colloquio chiarificatore con la figlia e penetra all’interno del tugurio dove troverà la morte. Dal tugurio escono i due fratelli macchiati di sangue materno e sconvolti.
(… hai visto? Stavo per colpirla, e
si è strappata le vesti l’infelice, si scoprì il seno,
trascinava per terra il corpo che mi dette vita.
Ma io, per i capelli……
Oh, il suo grido! Tendeva la mano
verso il mio mento. Figlio mio, ti imploro,
e mi toccava le guance. L’arma
mi stava per cadere dal pugno…
Gli occhi me li sono coperti col mantello
e ho consumato il sacrificio,
ho affondato la lama nel collo di mia madre.)
Appaiono i Dioscuri, per delineare il futuro dei protagonisti della tetra storia. Ma intanto invitano Oreste a fuggire, perché già si stanno scatenando contro di lui le furiose cagne di sua madre, le Erinni.
Da: Euripide o dell’invenzione
di Umberto Albini
Ed. Garzanti