La Visita della Vecchia Signora
di Friedrich Dürrenmatt
in coproduzione con Mercadante – Teatro Stabile di Napoli
regia Armando Pugliese
scene Bruno Buonincontri
costumi Silvia Polidori
luci Cesare Accetta
musiche Pasquale Scialò
con Isa Danieli
Massimo Foschi
Virginia Da Brescia, Giuseppe De Rosa, Lombardo Fornara ed altri 15 attori.
Trama
La Visita della vecchia signora è il capolavoro di Dürrenmatt. Scritto nell’anno 1956 viene definito uno dei testi più felici della drammaturgia europea degli ultimi cinquant’anni. La storia che si racconta potrà sembrare triste ma non è così poiché continue situazioni grottesche ottenute dalla mescolanza della commedia e della tragedia danno allo spettatore la sensazione di entrare in un grande gioco; le canzoni del coro e la musica hanno un ruolo importante e fanno da contorno a tutte le azioni.
L’opera è il ritratto di una vecchia ricchissima (Claire) che offre una cifra da capogiro a chi ucciderà l’uomo (Ill) che l’aveva sedotta all’età di diciassette anni e, successivamente, abbandonata. Si presenta, prima dell’ora prevista, alla stazione ferroviaria dove l’intero paese, saputo del suo arrivo, era pronto ad accoglierla con striscioni, banda e cori e le personalità più in vista del paese, quali il borgomastro, il parroco, il preside, il pittore, ecc…, avevano preparato grandi discorsi di benvenuto.
Al paese, ridotto oramai in miseria, la vecchia signora si presenta con un abbigliamento di un gusto impossibile e sfarzoso, piena di collari di perle, enormi bracciali, vistosissimi gioielli; porta con sé un nutrito seguito composto dal maggiordomo Boby (forse ottantenne), il settimo marito, alto, snello, baffi neri ed in perfetta tenuta da pesca e poi ancora Koby e Loby due uomini piccoli, grassi, vecchi eunuchi ciechi, Toby e Roby due energumeni che masticano gomme ed ex-gangster di Manhattan condannati alla sedia elettrica a Sing-Sing, graziati su intercessione della vecchia signora la quale dirà in una sua battuta «mi sono costati un milione di dollari per ogni intercessione».
Con il caos generale creatosi ha inizio la vendetta di Claire nei confronti di Ill, il suo primo amore. Il danaro è alla base di tutte le azioni; nell’evolversi della storia, il sarcasmo si sostituisce alla serietà, la prepotenza alla gentilezza, l’opportunismo alla lealtà, la ricchezza alla povertà, la violenza alla persuasione, la vigliaccheria ai valori, la pusillanimità al coraggio tutto questo per giungere ad un unico scopo ovvero la morte di Ill che si lascia uccidere dai suoi compaesani convinto di non poter sfuggire al suo proprio destino di vittima sacrificale degli egoismi degli stessi. La vecchia signora paga il suo debito ai cittadini e riparte per Capri.
Ed ecco che il benessere cresce nel paese discreto, non invadente ma sensibile. Tutti migliorano, non esistono più quartieri poveri ora è una cittadina moderna economicamente prosperosa; il grigiore e lo squallore che prima avvolgevano il paese inoperoso si trasformano in un lieto fine ovvero nello splendore della tecnica e della ricchezza. Ed i cittadini felici si godono la felicità regalata dalla vecchia signora.
Note di regia
La sfida teatrale che mi pone il testo di Dürrenmatt mi si prospetta di grande interesse: come arrivare alla tragedia dei significati attraverso il paradossale dipanarsi della vicenda e il grottesco di quei magnifici personaggi?
Come far giungere al pubblico la complessità della dialettica fra sviluppo economico e potere del denaro da un lato, ed etica individuale e collettiva dall’altro? Come addentrarsi nei meandri di un fato ancestrale senza tradire i veicoli del ridicolo utilizzati dall’autore nella sua scrittura?
Come interpretare il contrapporsi del percorso della vittima designata a quello della collettività?
Come affrontare la tematica del tradimento di cui tutto il testo è permeato? (Chi tradisce chi? Alfredo Ill, in gioventù, tradisce la Zachanassian, così come giudici corrotti e falsi testimoni tradiscono la Giustizia nel paese di Güllen. Ma gli stessi abitanti di Güllen tradiranno Alfredo Ill, che da carnefice diventa vittima, e che nella sua solitudine angosciata finisce per accettare rassegnato la sua colpa, quindi il suo destino).
E come disegnare la complessità simbolica della Vecchia Signora nell’arco del suo imperscrutabile ed ineluttabile cammino?
Ma soprattutto come restituire sulla scena quel tessuto di ritornanti nostalgie, di mesta poesia che traspare dall’amaro e terribile sentimento amoroso della signora, al di là di ogni e qualsiasi simbologia…
La risposta viene da un appunto di Dürrenmatt:
« La visita della vecchia signora è una storia che si svolge in una cittadina in qualche parte dell’Europa centrale, scritta da uno che non si distanzia affatto da questa gente e che non è sicuro che egli agirebbe diversamente: che altro vi sia nella storia non c’è bisogno di dirlo qui, né di rappresentarlo sul teatro…
…io descrivo uomini non marionette, un’azione, non un’allegoria, presento un mondo, non una morale, come mi si attribuisce talvolta di fare, anzi non cerco neanche di porre il mio lavoro al confronto col mondo, perché ciò avviene automaticamente fintantoché nel teatro esiste anche il pubblico…
La vecchia signora è un dramma crudele, ma proprio per questo deve essere rappresentato non crudelmente, ma nel modo più umano, con tristezza ma non con ira, ma anche con umorismo, poiché niente è più dannoso che un’ottusa serietà per questa commedia che finisce tragicamente….»
Ho affrontato la regia di La visita della vecchia signora con un impegno ed una forza nuovi soprattutto perché amici di sempre, a cui sono legato da tanto teatro condiviso e da profondo affetto, hanno voluto affidarmela in un momento particolare della mia vita. Avrà per me un valore diverso.
Armando Pugliese
Autore
Nota dell’autore
La visita della vecchia signora è una storia ambientata in una cittadina qualsiasi dell’Europa centrale, scritta da uno che non prende affatto le distanze dai suoi protagonisti e che non è poi tanto sicuro se si sarebbe comportato diversamente da loro. Io descrivo uomini, non marionette; un’azione, non un’allegoria; costruisco un mondo, non una morale, come qualcuno ha insinuato: anzi, non cerco neanche di confrontare la mia commedia col mondo, poiché tutto ciò accade spontaneamente, almeno finché il pubblico è parte integrante del teatro.
Un’opera teatrale, per me, vive nello spazio che le offre la scena, non nei panni di uno stile, qualunque esso sia. Se gli abitanti di Güllen giocano agli alberi, non lo fanno per spirito surrealistico, ma per sospingere quella storia d’amore un po’ penosa che ha per scenario questo bosco – gli approcci di un vecchio nei confronti di una vecchia – in uno spazio teatrale poetico, dandole un minimo di dignità. Alla base del mio lavoro di scrittore c’è una profonda fiducia nel teatro, nell’attore. Io dico: come un organismo si chiude in sé formando una pelle, un involucro esterno, così un’opera teatrale si chiude in sé tramite la lingua. E l’attore fornisce la lingua, non altro è il suo prodotto, la sua creazione. Penso che il lavoro dell’attore sia riprodurre questo prodotto dello scrittore.
Quello che è artificio deve ora apparire naturale. Se si interpreta in modo giusto il primo piano fornito da me, lo sfondo verrà delineandosi da solo. Non credo di far parte dell’avanguardia attuale, benché, certo, anch’io abbia una teoria artistica (con quante cose ci si può divertire): ma me la tengo per me come un’opinione personale (se no, magari, mi troverei anche a doverla rispettare), preferendo passare per un candido privo di ambizioni formali. I risultati migliori si otterranno mettendomi in scena con un occhio alla commedia popolare, trattandomi come una specie di Nestory consapevole.
Si rispettino le mie trovate rinunciando alla profondità di pensiero, si badi a cambiare scena di continuo, senza usare il sipario, si mantenga una recitazione essenziale anche nella scena in macchina, per la quale si userà preferibilmente un attrezzo scenico fornito soltanto delle parti indispensabili all’azione, sedile, volante, paraurti, l’auto vista da di fronte con i sedili posteriori rialzati: ma tutto questo, naturalmente deve essere nuovo, nuovo come le scarpe gialle ecc. (Questa scena non ha niente a che fare con Wilder – perché? Esercizio dialettico per i critici).
Claire Zachanassian non impersona né la giustizia né il piano Marshall e tanto meno l’Apocalisse; che sia semplicemente quello che è: la donna più ricca del mondo, che grazie al denaro può agire come un’eroina della tragedia greca, assoluta, crudele. Medea mettiamo. Se lo può permettere. La signora non manca di senso dell’umorismo, deve essere chiaro, perché verso la gente ha lo stesso distacco che si ha verso la merce; distaccata anche da se stessa, possiede poi una grazia singolare, un fascino malvagio. Ma a forza di muoversi al di fuori del consesso umano è diventata qualcosa di immutabile, di rigido senza possibilità di sviluppo ulteriore, a meno di non pietrificarsi in idolo.
E’ un’apparizione poetica al pari del suo seguito. Se l’impassibile Claire Zachanassian ha statura eroica fin dall’inizio, il suo anziano amante la deve acquistare. Lurido bottegaio, egli cade nelle grinfie di lei, ignaro. Colpevole com’è, all’inizio egli crede che la vita abbia da sola cancellato tutte le sue colpe. Un bruto insensibile, un semplicione nella cui mente, a poco a poco, si fa strada un barlume di coscienza, attraverso la paura, il terrore… Accanto ai protagonisti ci sono gli abitanti di Güllen, gente comune, come tutti noi.
Non bisogna dar loro tratti malvagi, tutt’altro; dapprima sono decisi a respingere l’offerta; se poi fanno debiti non è col proposito di uccidere Ill, ma per leggerezza, con l’idea che tutto si arrangerà. Soltanto la famiglia tenta di convincersi fino alla fine che tutto si aggiusterà: anche in essa non c’è cattiveria, soltanto debolezza, come in tutti. E’ il processo per cui una comunità cede a poco a poco alla tentazione, cedimento esemplare, ma che deve essere reso plausibile. La tentazione è troppo grande, la povertà troppo dura. La visita della vecchia signora è una commedia cattiva: proprio per questo deve essere recitata non con cattiveria ma con la massima umanità; con tristezza, non con rabbia; ma anche con umorismo, perché niente gioverebbe meno a questa commedia… che una soverchia e arida serietà.
Tratto da:
«Lo scrittore nel tempo»
Scritti su letteratura, teatro e cinema
Edizione Einaudi, 1982
Scene e costumi
La scenografia
L’interno del capannone delle acciaierie «Posto-al-sole» ormai chiuso e in rovina, squallido e cadente. Da una vetrata si intravede una cittadina desolata e bruciata dal sole d’autunno.
Questo sembrerebbe essere, almeno prima dello svolgersi del dramma, il segno della realtà, la cosa solida, la cosa vera, in contrasto con la quale una molteplicità di segni di vario tipo – a volte iperrealistici, a volte simbolici, comunque molto poco indicativi di realtà e solidità – accompagnano invece l’evanescenza e la sfuggente mutevolezza degli esseri umani, del loro sentire, dei loro rapporti.
All’interno del guscio di dura, cruda e solidissima realtà esterna, vivono gli «scalcagnati» cittadini di Güllen , che oggi attrezzano, come in un teatro di posa, il set che ospiterà la miliardaria Claire Zachanassian. Questo composito set si monterà e smonterà intorno a lei come un gioco di costruzioni. Güllen sembra essere nient’altro che uno spazio inventato solo per accogliere questa insolita miliardaria. Güllen è puro scenario. E’ rappresentazione di un agglomerato umano caduto in miseria e che da tempo è in attesa di un treno che finalmente si fermi, di un riscatto che sembra non voler mai comparire all’orizzonte.
Güllen cambia forma rapidamente, così come rapidamente si trasforma ogni singolo individuo ad opera della pietrificata Signora. Güllen si monta e si smonta attorno a lei come si monta e si smonta ogni singola coscienza. Cosa c’è di solido e reale? Forse il guscio, le acciaierie in rovina? Ma no, forse non c’è proprio niente di solido e reale.
Bruno Buonincontri
I costumi
15 maggio 2003
Si comincia a parlare di un testo di Dürrenmatt La visita della vecchia signora, Armando Pugliese ne curerà la regia in dicembre/gennaio.
15 Giugno
ho letto il testo e lo trovo molto interessante in particolare per un lavoro da costumista.
Ci incontriamo con Armando, Melina e Isa Danieli, la prima attrice, e inizia il progetto.
30 giugno
parliamo con Armando dei personaggi, definiamo qualche linea di condotta. E nei giorni più caldi dell’anno tento invano di mettere giù qualche idea.
15 luglio
fa ancora molto caldo. Mi siedo al tavolo da disegno e la matita mi cade di mano
15 agosto
fa ancora troppo caldo …
30 agosto
dopo una breve vacanza provo a disegnare e riesco a vedere dei risultati abbastanza soddisfacenti da proporre alla regia.
15 settembre
con qualche disegno a colori incontro Armando e definiamo quali saranno i gruppi dei personaggi:
1) il paese povero (povero nelle forme e pallido nei colori, useremo grigetti, giallini, celesti e verdini slavati);
2) la vecchia signora e il suo seguito (ricchi, eleganti e molto colorati)
3) il paese ricco (come la ricchezza, acquisisce i colori della vecchia signora)
4) il gruppo di giornalisti e cronisti che Armando suggerisce di pensarli tutti quadrettati – e così è!
30 settembre
completo i bozzetti dei costumi (qualcuno manca sempre)
15 ottobre
mi rivolgo alla sartoria Farani, comincio la ricerca del materiale che poi useremo. Progetti, progetti!
1 dicembre
nello stesso giorno dell’inizio delle prove di regia, facciamo una prova costume preventiva con Isa Danieli. Ci divertiamo abbastanza.
Da oggi il lavoro diventa intenso. Ogni giorno provo ai numerosi attori costumi poveri e ricchi, sbiaditi e colorati, e alcuni interpretano anche più ruoli.
Faccio attenzione particolare ai colori ma anche alle fogge e all’epoca; Massimo Foschi mi chiede una piccola pancia finta che lo deformi un pochino. Trovo l’idea pertinente.
15 dicembre
i costumi sono quasi pronti, definiti quasi tutti.
Ore 13 – sono disperata:
ho sbagliato i colori,
ho sbagliato l’epoca,
ho sbagliato i personaggi,
ho sbagliato tutto.
Ore 14 – faccio una sosta al bar e poi con Marcella, la mia ottima collaboratrice, ci mettiamo ad esaminare tutti i personaggi uno per uno. Beh, non va poi così male!
Aggiungendo una camicia colorata qua, una cravatta là e cambiando l’abito beige del medico con uno bello giallo, mi torna la speranza di aver fatto un buon lavoro.
Ore 15 – è tutto perfetto!
16 dicembre
Armando Pugliese ci viene a trovare in sartoria, e trova il lavoro fatto di suo gradimento: (Almeno mi sembra).
Marcella ed io siamo molto soddisfatte dopo un intenso lavoro di scoloriture Armando definisce i costumi del paese povero «i chiari estinti» e dopo un altrettanto gran lavoro di coloriture anche il paese ricco ci sembra che funzioni.
20 dicembre
la sartoria Farani che ha collaborato con efficienza e molta simpatia alla realizzazione di questi costumi, chiude per le vacanze di Natale.
21 dicembre
quindi ho finito la preparazione, parrucche, calzature le abbiamo già viste ed approvate. Mancano ancora gli occhiali da vista, quelli da sole, quelli da guida, i guanti, i gioielli e la gioia di vedere i personaggi in costume sul palcoscenico.
Sono molto curiosa!
Silvia Polidori
Musica
Dürrenmatt nella Visita della vecchia signora utilizza un dispositivo narrativo notevolmente affidato alla definizione del paesaggio sonoro delle scene, non come elemento ambientativo, bensì come ricerca di una condizione, di un timbro espressivo, voce tra le voci dell’impianto drammaturgico.
Così come di consueto avviene in una sceneggiatura cinematografica, le varie scene prevedono un’accurata descrizione dell’humus e delle condotte acustiche dei personaggi. Non è un caso se proprio da alcuni suoi romanzi siano stati tratti diversi film (La promessa, diretto da Sean Penn con protagonista un Jack Nicholson), e la stessa Visita della vecchia signora che vanta, tra l’altro, una versione senegalese in wolof di Diop Mambety.
Ad ulteriore conferma della matrice sonora nella scrittura di Friedrich Dürrenmatt c’è da ricordare il libretto d’opera in tre atti dello stesso autore tratto proprio dalla Visita della vecchia signora per la musica di Gottfried von Einem, col titolo originale Der Besuch der alten Dame. Questo caso esemplare di Literaturoper del Novecento europeo va in scena nel 1971 allo Staatsoper Wien ma presto entra nei cartelloni di numerosi teatri internazionali, anche grazie ad un coinvolgente tessuto musicale che mescola, in modo originale, diverse matrici stilistiche che riprendono la forza ritmica di Stravinsky coniugandola con la causticità tematica di Weill e la complessità armonica di Richard Strauss.
La visita della vecchia signora contiene chiari spunti sonori. La sola lettura del testo coinvolge l’orecchio verso un preciso paesaggio che emerge, con dovizia di particolari, dalle didascalie o dalle battute stesse del copione. Gradualmente affiorano diversi piani: dalla fonicità del campo verbale alla scansione battente e ritmica dei dialoghi; dalle impronte sonore delle scene alla presenza di versi per i cori. Tutta una varietà di elementi che delineano un particolare timbro del testo da cui partire per realizzare la composizione delle musiche di scena originali.
Ancor prima che si levi il sipario e vengano pronunciate le prime battute, Dürrenmatt introduce dettagliate indicazioni sull’ambiente sonoro: <>. Da subito l’autore cala i personaggi in una precisa condizione rumorale, la stazione ferroviaria di Güllen nella concitata attesa degli abitanti di un ospite d’eccezione, che influenza inevitabilmente i comportamenti e, di conseguenza, la stessa recitazione: <>
Nella scrittura delle musiche per questo lavoro ho ripreso – in accordo col regista Pugliese che ha costruito in tal senso un’articolata partitura di suoni informali prodotti dal vivo dagli attori – il paesaggio sonoro della stazione nella composizione di apertura: il tema del Treno è infatti accompagnato da un tamburo rullante che simula proprio la scansione delle rotaie di un treno, alternando figurazioni ritmiche diverse.
La componente musicale presente nella scrittura di Dürrenmatt comprende anche altri piani sonori suggeriti dall’autore con l’indicazione di precisi stili, dei loro organici e del loro carattere: così la banda di Güllen esegue in omaggio della benefattrice Claire una musica solenne, mentre il coro misto le dedica una canzone popolare, o, ancora si ascolta un motivo popolare armeno tanto caro ad uno dei numerosi mariti scomparsi della donna.
Ma, l’aspetto più interessante del testo riguarda la funzione drammaturgica a contrasto che l’autore conferisce alla musica per sottolineare la paradossalità di una condizione. Così, ascoltando in un clima tragico una spensierata musica di repertorio o un motivetto allegro emergono con forza espressiva difformità, scarti tra due diverse condizioni. Quella miserevole e precaria degli abitanti di Güllen e quella opulenta e aggressiva di Claire. Ne risulta un clima grottesco di forte impatto comunicativo. Come in una vignetta satirica delineata dai pochi tratti marcati di inchiostro, e Dürrenmatt, come si sa, aveva una parallela vita creativa proprio nel campo pittorico, scaturiscono spigolosità, incongruenze, senza per questo rallentare o appesantire ideologicamente il flusso narrativo.
Accogliendo questa linea poetica proposta da Dürrenmatt sono stati composti gli altri temi musicali dello spettacolo – il Tema di Claire, Felici noi, La marcia solenne per banda e quella Funebre, il coro finale Viva felice – con l’intento di sostenere quella matrice noir presente in questo lavoro. Tanto noir da produrre una modificazione dei comportamenti umani della piccola comunità di Güllen trasformando i suoi abitanti in grottesche figure caricaturali che, come scrive Peppard, da «vittime della povertà» diventano «prigionieri della prosperità».
Pasquale Scialò
Gli attori sui personaggi
Mi smonto e mi rimonto
Mi marito e mi smarito
Fumo uomini e sigari
Bevo facendomi cullare da un terribile ricordo:
questa vecchia mutilata e ricca un giorno diede a un uomo non solo il cuore, ma la speranza di una vita, che fu tradita, ferita, abbandonata così come adesso si abbandona nel guardare lo spettacolo grottesco e crudelissimo di uomini e donne pronti all’assassinio pur di aggiustarsela, la vita.
Mi sono divertita ad interpretare questa vecchia signora; ma ho un cruccio grande e ogni sera me lo porto in scena: l’assenza dello spirito animale del regista che, grazie al privilegio del mestiere, non affronta la tournée e ci priva del suo formidabile talento d’attore.
Ma tant’è, mi accontento del ricordo della sua mano aggrovigliata mentre mi spiega le intenzioni che sono sempre sorprendenti nonostante l’amicizia, il conoscersi e riconoscersi da anni, per complicità e per appartenenza.
Isa Danieli – Claire Zachanassian
Un vecchio adagio dei teatranti dice dell’attore di fare attenzione a personaggi che «sono lui». In altre parole: di non fare se stesso interpretando un personaggio che gli somiglia. (Per costruire il quale, comunque userà qualcosa di sé). E, naturalmente, nel corso del lavoro di studio dell’interpretazione, nel corso delle prove, nascono delle osservazioni, delle riflessioni, dei paragoni, delle contrapposizioni su ambedue i soggetti: personaggio e attore.
Eccone alcune di questo caso.
Forse è la prima volta che io ho la stessa età del personaggio di cui tento l’interpretazione.
Se credessi ai segni, direi che questo lo è. Perché l’incontro con il coetaneo Alfredo Ill è l’incontro con qualcuno a cui, per un certo verso, somiglio. Si e no.
Al di là delle singole azioni del personaggio Alfredo Ill nella commedia-tragedia, e dell’attore-uomo Massimo Foschi nella vita quotidiana, c’è un fondo, un magma di egocentrismo, di vanità e allo stesso tempo di ingenuità e di buonismo comune all’uno e all’altro.
Grazie agli Dei c’è un riscatto, finale, per il personaggio.
E per l’attore-uomo? C’è stato? Ci sarà? La risposta appartiene … all’intimo, al privato.
Ma, qualsiasi essa sia, l’attore ha la possibilità di vivere questo riscatto, sia pure nella finzione, a ogni recita. E, cosa che più vale, può «rappresentare», «raccontare» questo riscatto allo spettatore perché questi possa dirsi: c’è stato? Ci sarà?
Massimo Foschi – Alfredo Ill
E’ sconvolgente la presa di coscienza dell’autore che, già nella prima metà degli anni ’50, ipotizza la disgregazione del tessuto familiare per puro e mero interesse.
Mi ha spaventato questa donna, la signora Ill, che lentamente e inesorabilmente collabora con la sua vecchia rivale di un tempo, Claire Zachanassian, per divorare il marito come un agnello sacrificale sotto l’altare del sempre atteso Dio Benessere.
Virginia Da Brescia – Moglie di Ill
Il personaggio del Borgomastro rappresenta, in quanto primo cittadino, l’anima di tante anime, la voce di tante voci. Il suo percorso drammaturgico è una parabola che inizia con una disperazione, quasi sentita, per le precarie condizioni e per la povertà in cui è immersa la sua cittadina ma arriva poi, più di tutti gli altri, scavalcando senza ritegno le sue conflittualità interiori, al più bieco cinismo tanto da stimolare ed offrire ad Alfredo Ill l’idea del suicidio.
La sua è la figura inquietante di un politico che spazia tra il reale e il grottesco, tra l’arroganza e la meschinità. La linea drammaturgica della commedia, che tende verso l’assurdo, fa del Borgomastro paradossalmente un personaggio attuale forse perché nella vita, sempre più spesso, è la realtà che supera la fantasia.
Giuseppe De Rosa – Il Borgomastro
Leggendo il testo mi è subito piaciuto il ruolo che interpreto: quello del preside. E’ infatti l’unico dell’intero paese che all’infausta proposta di Claire Zachanassian contrappone un’alternativa, una possibilità; ma poi anche lui si uniformerà alla volontà degli altri cittadini perché: «siamo solo degli uomini» come dirà lui stesso.
Nella scena, che in prova è stata denominata «secondo negozio», ho cercato di evitare di cadere, e ciò è stato possibile perché sorretto dalla regia, in certi «tranelli» che la situazione, spigolosa per il mio personaggio, proponeva. Infatti una frase come: «Anch’io sento di diventare lentamente un assassino e la mia sete di umanesimo è impotente» può essere pronunciata solo mantenendo una certa lucidità anche nella palese alterazione.
Credo di aver convinto il Regista, spero di fare lo stesso anche con il pubblico.
Lombardo Fornara – Il Preside
Ottilia è la figlia di Ill, povera come tutti gli abitanti di Güllen. Nonostante gli sforzi del padre, far apparire ai suoi occhi una miseria meno misera e una povera colazione un pranzo da pascià, non perde tempo con passatempi inutili e, insieme al fratello Carlo, si prodiga a cercare un lavoro. Ma a Güllen arriva Claire Zachanassian e con lei la promessa di una nuova vita: tanta prosperità per la cittadina, e per Ottilia: un corso di tennis, qualche lezione di francese, letture romantiche, abiti eleganti, e una macchina all’ultima moda.
Ill assiste con stupore e ingenua gioia al dilagare della ricchezza tra gli abitanti di Güllen, e vede anche la sua famiglia cambiare. Che sia arrivato il «senso dell’ideale» che si augurava per sua figlia? Può darsi… Ma forse, semplicemente, anche Ottilia è stata assorbita dalla spirale di rapido e facile benessere che ha investito la cittadina. A Güllen ormai tutti comprano e fanno debiti senza alcuna preoccupazione; qui il potere economico, incarnato da una cinica, vecchia signora, è riuscito a comprare la giustizia, la coscienza e la vita umana.
Elena Cepollaro – Ottilia, figlia di Ill
Il primo cittadino viene fuori come un personaggio opportunista, furbo, curioso e surreale.
Interpretato da me, attore giovane, si presuppone che non abbia mai conosciuto il benessere che in passato prosperava nella città di Güllen. Per lui, che ha sempre vissuto in uno stato di profonda indigenza, la visita della miliardaria è come se fosse un sogno.
Come tutti gli abitanti viene anche lui risucchiato in un meccanismo perverso, fatto di scelte. Queste scelte lo porteranno infine alla perdita dei principi morali e dei valori etici; per salvaguardare, almeno in parte, la sua coscienza agisce all’interno della storia nascondendosi nel caos generale creato dalla popolazione. Un caos fatto di consumi, di spese e di debiti.
Gino De Luca – Primo cittadino
Il maggiordomo è quasi l’alter ego della Signora Zachanassian. Da più di vent’anni la serve in tutto e per tutto, conosce i suoi gusti, segue i suoi interessi economici e ha visto il succedersi di nove mariti. Ma, in realtà, il maggiordomo è proprio quel giudice che molti anni prima ha presieduto alla causa per paternità sostenuta da Claire e conclusa con un verdetto errato e l’espulsione di Claire da Güllen.
E’ un personaggio perverso e malvagio che non conosce l’etica del perdono, forse è uno dei pochi rimasti favorevoli alla pena di morte.
La signora Zachanassian è disposta a versare un miliardo per l’eliminazione di Ill, ma a questo deve provvedere la comunità. La mostruosità sta nel fatto che con i soldi è venuta non solo a comprare la giustizia, ma la vita di un uomo.
E’ la prima volta che mi trovo ad interpretare un personaggio così cinico e la sfida maggiore consiste nel doverlo fare «con gli occhi» dato che il testo declamato non è così apertamente e dichiaratamente perfido quanto la sua intenzione.
Vito Facciolla – Il Maggiordomo
L’arte asservita al denaro? «Certamente» risponderebbe il pittore del testo di Dürrenmatt.
Che il prezzo da pagare affinché :»l’arte cominci a rifiorire a Güllen» sia la vita di un uomo, è un problema morale facilmente superabile. Anche il povero pittore (presumibilmente di scarso talento) acquista questo cinismo, cinismo per la sopravvivenza, cui spesso l’arte ha dovuto fare ricorso.
Francesco Laruffa – Il Pittore
Cronisti d’assalto spietati, capaci, per il godimento degli ascoltatori, di gettarsi a corpo morto sui casi umani e sugli avvenimenti.
Quanti ne abbiamo visti, sia al cinema sia (ahimè) nella cronaca quotidiana? Rileggendo il testo devo dire che mi sono venuti subito alla mente i reporters e i cronisti di La dolce vita di Fellini per quel tono grottesco e da grande circo dell’informazione senza scrupoli.
Francesco Laruffa – Il Radiocronista
Cosa altro resta ad un parroco quando la sua comunità versa nella miseria più totale, materiale e spirituale, se non alimentare la fede infondendo la speranza nella divina Provvidenza?
Cosa accade alla propria coscienza quando questa arriva puntuale ma travestita da corruzione?
«Siamo troppo deboli cristiani e pagani, fuggi, non indurci in tentazione restando» sarà l’ammissione e il consiglio del parroco ad Ill. Le parole del parroco risuonano come pura ammissione della propria corruttibilità di uomo. E’ la resa totale della propria ragione e della propria morale a quell’eteronomia in cui – come tante marionette tenute da un’unica, grande, mano – si muovono tutti gli abitanti di Güllen dopo la visita della veccia signora.
E’ la linea del surreale e del grottesco quella sulla quale mi sono mosso sotto le indicazioni della regia e ciò ha reso il lavoro sul personaggio molto stimolante e di grande divertimento.
Giuseppe Mastrocinque – Il Parroco
La vecchia Signora inizia ad organizzare «la vendetta» con la ricerca in tutto il mondo e poi con la cattura dei due testimoni che, con la loro falsa testimonianza, determinarono un tempo la sua cacciata da Güllen. Rintraccia i due senza nessuna difficoltà, perché come Lei dichiara: «Il mondo mi appartiene».
Nulla è impossibile per la Zachanassian, è l’ennesima vittoria del danaro, una storia che si ripete.
I due accecati sono poco più di due cagnolini al guinzaglio, emblemi di un’umanità che per danaro non disdegna neppure la catena. (Prevalenza interpretativa) Il Loro stato d’animo? Il terrore!
Salvatore Misticone – Il cieco Koby (Luigi Sparr)
Di solito sono i giornalisti a propinarci una diversa realtà. Qui tutto è capovolto poiché essi non colgono ciò che vedono ma esattamente l’inverso……… c’è da riflettere!! la prima o la seconda ipotesi?………..fatto sta che non si riesce mai a sapere la verità! Prevalenza interpretativa? La stupidità!
Salvatore Misticone – Primo giornalista
Salve! Sono la rumorista del bosco di Konradsweiler!!
«The Voice»!! Cip Cip! Uaauuh! Kià Kià Kià! Cucù Cucù! Tch! Tch! Tch! Uuuh! Uuuh! Uuuh! Krà Krà! Più uno strano rapace; bah!
Si, perchè tutto è in fermento a Güllen, questa cittadina completamente appiattita e dimenticata si ridesta da un sonno profondo e impolverato…
Anche la fauna avverte con il suo istinto che qualcosa finalmente sta per cambiare…
Un terremoto? Una calamità naturale?
Molto di più: Claire Zachanassian!! La forza del destino che viene a regolare un vecchio conto lasciato in sospeso… Perché «Tutto torna! E chi sbaglia, paga!»
Ma non mi va di raccontare la trama di questa storia che forse già conoscete o, comunque, state per farlo. Posso dire solo che è il povero Ill a farne le spese e noi da lui a fare la spesa…
Infatti: «Per questa volta un bel litro di latte, signor Ill… più tardi ne berrò una tazza calda con un po’ di miele, fa tanto bene alla voce, nel bosco fa freddo e domani si lavora!!» «Sii!! Tutti i giorni, tutti i giorni!!»
Patrizia Monti – Terza cittadina/Prima donna
Curioso, veramente curioso.
Quello che sta accadendo a Güllen, è incredibile, stupefacente, inaspettato.
Qualcuno sta comprando la giustizia!
Strano!
Beh! Forse tanto strano non è.
D’altra parte bisogna cominciare ad abituarsi a questa tendenza. Tutto il mondo «progredisce» in questo senso ormai.
E così anche in noi cittadini di Güllen, miserabili cittadini, si è insinuato il morbo… Il danaro!
La proposta della signora Zachanassian è un gioco troppo accattivante per restare indifferenti; grazie al regista, questo gioco cinico, ironico, grottesco e spietato congegnato da Dürrenmatt è diventato ancor più divertente e ancora più drammatico. Ha dato luogo ad un concetto molto attuale:
Come si fa a dire di no ad un Miliardo!
Come si fa a dire di no ad un Milione di posti di lavoro?
Come si fa a dire di no ad un’Opel Olimpia «gialla fiammante».
Impossibile!
E poi, papà devi capire che Claretta non andrà mai fino in fondo….O no?
Adriano Mottola – Carlo, figlio di Ill/Secondo cittadino
Si, anche un discepolo di Ippocrate, anche il medico – che per una vita, con il suo vecchio e indomito cimelio, ha sferragliato per le strade del distretto di Güllen a soccorrere e curare gli abitanti – anche lui, alla fine, senza più indugi, firma con il sangue di Ill il contratto che gli garantirà per sempre quella vita finalmente agiata di cui ha già sentito il gusto premendo, con la scarpa gialla, l’acceleratore della sua nuova, silenziosissima Mercedes 300.
Forse ha visto che anche negli occhi del giudice Hofer, alias Boby, brillava la luce di una giustizia spietata; ma, seppure dopo 45 anni, ancora necessaria a bilanciare la scelleratezza e la meschinità del giovane Ill.
Andrea Mugnai – Il medico
La visita a Güllen della vecchia signora Claire Zachanassian – una moderna Cunegonda di derivazione kleistiana – con la sua relativa proposta, innesca un meccanismo che assomiglia molto alla classica «ineluttabilità del caso» centrale in molte tragedie greche e non solo.
Il mio personaggio, il poliziotto, dà il suo bel contributo affinché si realizzi il terribile progetto della Zachanassian. Segue perfettamente e alla lettera il consiglio, o meglio l’ordine impartitogli direttamente da Claire, di chiudere non solo un occhio, ma entrambi.
Cerca addirittura di convincere lo stesso Ill a chiuderli, provando a dimostrargli con le parole, in modo furbesco ma al contempo stupido e ipocrita – la poca credibilità della suddetta proposta.
L’epilogo è scontato e lo stesso poliziotto, con crudeltà e sadismo, apporterà il suo contributo.
Sandro Palmieri – Il Poliziotto
Il Capotreno, all’inizio dello spettacolo, è il primo personaggio a provare su di sé il potere del denaro e immediatamente diventa un volta faccia, un opportunista e un vigliacco.
Sandro Palmieri – Il Capotreno
Interpreto nel primo atto un imperturbabile ufficiale giudiziario che, insensibilmente e beffardamente, espropria, o meglio pignora, tutti i beni della città di Güllen.
Negli atti successivi interpreto il Settimo, l’Ottavo e il Nono marito, uno più ricco dell’altro.
Come una grande holding che assorbe piccole aziende e cinicamente le distrugge la signora Zachanassian annienterà le personalità dei suoi mariti per trascinarli nel suo personale Circo fatto di massicci ominidi, di eunuchi ciechi, di una pantera nera e di una bara che è simbolo della morte di ogni coscienza umana davanti alla potenza del capitalismo rappresentata qui dalla vecchia signora.
Ernesto Parisi – Ufficiale giudiziario/I mariti
Il cieco è un uomo, che ormai non è più tale; ha perso la sua caratteristica maschile, si può dire che è un uomo senza «spina dorsale», ma si sottintende ben altra mancanza, ha perso anche la vista ed è così tornato ad uno stato quasi infantile.
E’ come se non avesse più la capacità di pensare, e questo lo rende come un automa: può solo obbedire agli ordini della sua padrona; è felice se riceve una caramella ed è infelice se gli viene tolta. E’ in balia della sua padrona e ne ha paura.
Vive in un suo mondo privato fatto di piccole soddisfazioni, mangiare: «cotolette e prosciutto. Tutti i giorni! Tutti i giorni!»
Paolo Pollio – Il cieco Loby (Iacopo Hühnlein)
Il giornalista-fotografo è un classico giornalista senza idee e rompiscatole che non sa fare altro che mettere lo zampino nelle idee e nel lavoro degli altri.
Paolo Pollio – Secondo Giornalista
Curiosità
Lo spettacolo ha vinto i seguenti premi:
“Migliore spettacolo”- Premio della critica 2003–2004, dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro.
“Migliore regia ” – Premio Girulà edizione 2004.
“Migliore costumista” “e nomination “migliore regista”- Premio ETI- Gli Olimpici del teatro 2004
Il 29 maggio 2004 al Teatro Mercadante di Napoli l’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro ha consegnato il Premio della Critica 2003/2004 quale MIGLIOR SPETTACOLO a LA VISITA DELLA VECCHIA SIGNORA di Friedrich Dürrenmatt
regia ARMANDO PUGLIESE
Motivazione del premio:
Trasformare un testo dal suo interno, fino a farlo diventare qualcosa in più di un tremendo apologo sulla cattiveria umana, così “La Visita della Vecchia Signora” di Friedrich Dürrenmatt diventa un atto d’accusa contro una società imbelle e corrotta, mentre usa gli strumenti del teatro più efficaci e incisivi: quelli che ci arrivano dalla lezione di Brecht, e dall’immaginario scenico di Majakovski. Un palcoscenico pieno, in continuo movimento, ricco di belle immagini, come di perfette dinamiche sceniche, incandescente, sulfureo nell’accensione di una vita di provincia fatta di inganni, finte feste, grandi e piccole viltà. Il gelo dei sentimenti contrasta coi colori espressionisti di uno spettacolo che vive della bravura dei suoi interpreti. Una straordinaria Isa Danieli, livida e implacabile nel gesto, come nella ostesa carnalità, e Massimo Foschi, che fa del suo personaggio un uomo qualunque tragicamente contemporaneo, assicurano insieme agli altri bravissimi interpreti quel difficile equilibrio drammaturgico dato da tensioni a lungo coltivate, sempre irrisolte.
La regia di Armando Pugliese, ricca di riferimenti all’immaginario teatrale e cinematografico novecentesco, col contributo delle scene ideate da Bruno Buonincontri, i costumi di Silvia Polidori, e le musiche di Pasquale Scialò dà all’intera vicenda quel tono acre, e nello stesso tempo lieve, perfino divertente, di tragedia rovesciata in sublime commedia dell’indifferenza.
Recensioni
Estratti di rassegna stampa
La Provincia Cosentina – 18.01.2004
“Divenni una puttana perché il verdetto del Tribunale mi aveva reso tale” dice una patetica Claire interpretata dalla straordinaria Isa Danieli…
Iole Perito
Il Quotidiano (di Cosenza) – 18.01.2004
Il regista Pugliese che trent’anni fa ci sbalordì con quel grande fantasmagorico espressione di napoletanità che fu il suo Masaniello, oggi ritorna con un nuovo exploit che riesce ad unire lab gioia della follia mediterranea con il pensiero metafisico del mittel-euorpa. È senz’altro uno spettacolo che lascerà il segno nella stagione teatrale in corso e che Cosenza possa essere orgogliosa di aver ospitato per prima….
Tra grandi invenzioni al livello di effetti sonori e movimenti mimici, con luci indovinate (di Cesare Accetta), con i costumi sfolgoranti di Silvia Polidori e le musiche gradevoli di Pasquale Scialò, Pugliese ottiene dai suoi attori una prestazione corale di eccezionale rigore, con una Isa Danieli che offre una grande interpretazione tragica con risvolti grotteschi graffianti.
John Francis Lane
Gazzetta del Sud (Cosenza) – 19.01.2004
…il regista napoletano si conferma ottimo direttore di attori…. Quella che Armando Pugliese aveva definito una sfida può dirsi felicemente riuscita… Un plauso meritano le scene di Bruno Buonincontri.
Sergio Palani
La Gazzetta del Mezzogiorno (Bari) – 06.02.2004
Le soluzioni sceniche della regia, la chiave e il ritmo epico-musicali impressi ala messinscena isolano, in mezzo alle sequenze e ai dialoghi tra i paesani nella loro progressiva corruzione etica, i pochi passaggi dove emerge l’atroce verità psicologica della vecchia Claire….
Balletto scenico fortemente colorato e vistoso, con quadri e sagome da feroce cabaret o da vignetta livida, La visita della vecchia signora in questa versione diretta da Pugliese ha una sua vistosa e godibile teatralità…
…Isa Danieli è un’icona impeccabile per cattiveria e malizia giocondamente imposte alla saga paesana, col moralismo che sfuma deciso nell’ironia e nel grottesco…
Pasquale Bellini
Zip Sera (Bari/Lecce) – 06.02.2004
…La Danieli, con Massimo Foschi ed un affiatatissimo cast, che balla e canta, unendo sublimamente la farsa e la tragedia, elementi che si ritrovano in una visione pirandelliana del teatro, ci regalano un’opera ben costruita, emozionante e divertente, cinica e affascinante, in cui il tocco determinante è dato dalla sapiente, puntuale regia di Armando Pugliese…
Gilda Camero
La Repubblica (Napoli) – 13.02.04
…La Danieli, fedele alle indicazioni dell’autore, esibisce «una grazia singolare e un fascino malvagio»: una performance aspra, disperata, autoironica. Massimo Foschi indossa i segni di una tragedia ridicola… in scena ci sono altri quindici bravi attori, molti con doppio ruolo…
Una vicenda di ordinaria disumanità, molto ben raccontata anche dalle scene di Bruno Buonincontri, dai costumi di Silvia Polidori e dalle musiche di Pasquale Scialò.
Antonio Tricomi
Corriere del Mezzogiorno (Napoli) – 13.02.2004
È uno spettacolo dalle sicure suggestioni formali e da un’impeccabile resa attoriale… di quelli ben confezionati, ben recitati, con scenografie suggestive e musiche appropriate…
Stefano De Stefano
La Stampa – 15.02.2004
La vendetta della vecchia signora
Una miliardaria di ritorno nel paesino dov’era nata promette di tirarlo fuori dalla sua terribile crisi finanziaria (crisi, si scoprirà, provocata da lei stessa), e per di piu’ di distribuire una somma enorme tra gli abitanti,dietro una condizione: questi ultimi dovranno uccidere legalmente l’uomo che a suo tempo la sedusse e abbandonò. Li’ per li’ i cittadini respingono la proposta con orrore, ma poi tutti pur senza impegnarsi in prima persona cominciano a indebitarsi acquistando generi voluttuari, nella presunzione mai chiaramente formulata che qualcuno si faccia avanti a soddisfare la richiesta…
‘La visita della vecchia signora’ appartiene a quel filone di commedie corali inaugurato dall”Ispettore generale’ di Gogol, in cui si svela progressivamente la corruzione di una comunità.Il Novecento ne ha date parecchie, soprattutto con Brecht; questo dello svizzero Friedrich Durrenmatt è del 1956, quasi contemporanea dei ‘Rinoceronti’ di Ionesco – anche li’ la trovata di base è talmente forte da far sembrare i singoli episodi semplice decorazione lungo un itinerario obbligato, che non consente sorprese. Nel caso di Durrenmatt tuttavia il sarcasmo e l’estro un po’ surreale dell’autore riattizzano spesso l’interesse. L’indistruttibile signora Zachanassian ha, si apprende, una gamba e una mano artificiali, ricordi di un incidente aereo di cui fu l’unica sopravvissuta, ma questo non le impedisce di cambiare vertiginosamente mariti, magari portandosi dietro quelli usati, insieme con due precedenti vittime della sua vendetta, testimoni prezzolati che tennero bordone al suo seduttore e che ella ha fatto castrare e accecare dopo averli rintracciati in capo al mondo. Poi ci sono occasioni di spettacolo: la banda, i cori, le esibizioni di acrobati con cui gli interessati compaesani accolgono l’illustre reduce; l’automobile nuova dove il figlio del condannato porta a spasso genitori e sorella; il chiasso dei reporter accorsi dalla città per seguire la conclusione della vicenda, ecc., ecc.
Un anno dopo ‘Sabato, domenica e lunedi’ trionfatore della scorsa stagione, il ricco, ispirato allestimento stavolta diretto da Armando Pugliese che ha debuttato al Mercadante conferma il felice impegno del giovane Teatro Stabile di Napoli. La scenografia di Bruno Buonincontri colloca ogni cosa, sotto l’altissima volta in ghisa di una vecchia stazione ferroviaria, dove poi singoli ambienti vengono agilmente creati con procedimenti giocosi, trespoli spinti a mano, cartelloni calati, suoni riprodotti al microfono da bravi imitatori, mimi che diventano alberi a persino un daino scalpitante; i costumi di Silvia Polidori sono spiritosi e vivaci; ed efficaci sono le musiche di Pasquale Scialò, occasionalmente ispirate a Nino Rota.Ammirevolissima è poi, anzi, soprattutto, la concertazione dei piu’ che venti interpreti, molti impegnati in piu’ parti e tutti all’altezza della situazione, con particolare spicco di Massimo Foschi ex seduttore invecchiato e imborghesito, intorno alla superbamente dura, ironica e incrollabile Isa Danieli. Dunque, due ore e dieci senza cali di tensione, e gran successo.
Masolino D’Amico
Corriere della sera-18.02.2004
La Medea di Durrenmatt miliardaria senza scrupoli
Chissà se intenzionalmente, o per caso, il Mercadante ha inaugurato la nuova gestione con due Medee. La prima era di Euripide e la regista Emma Dante l’ha trasformata in una truce favola siciliana. L’altra, del ’56,è ‘La visita della vecchia signora di Friedrich Durrenmatt e ne è regista Armando Pugliese. I due spettacoli hanno in comune un tratto cruciale, d’essere per cosi dire regressivi. Emma Dante rivela una specie di morboso compiacimento nell’immaginare il sud come luogo arcaico e cupo, una inesauribile fonte di sconcezze.
Armando Pugliese è un sudista con tutt’altro spirito: ha in mente la realtà ma ciò the lo attrae è la storia di questa realtà. Claire Zachanassian, la vecchia signora interpretata da Isa Danieli con piglio da imprenditrice americana, sembra un personaggio di Eduardo De Filippo o una Filumena Marturano capitata nelle mani di Brecht; e la sua visita assomiglia ad un pellegrinaggio al santuario di Montevergine, come lo immaginava Raffaele Viviani.
Intendiamoci, non c`è niente di male. Si può essere regressivi, e si possono amare le favole, benchè tenebrose. E’ una questione di consapevolezza, maggiore o minore. Ad essere maliziosi, ‘La visita della vecchia signora’ si potrebbe leggere come una profezia di casi americani a italiani recenti (il caso Enron e il caso Parmalat) – fermo restando che non già di profezia si tratta ma di descrizione d’un sistema sociale che mezzo secolo fa girava a pieno regime.
In che consiste questo sistema? Nel fatto che vi è una cittadina europea in cui il benessere aumenta a vista d’occhio. Ma questo benessere è fondato su una patologia. Tutti fanno debiti, nessuno ha un soldo reale, nessuno ha un qualche straccio di progetto. Si pone dunque una necessità: la necessità d’un salasso. Per ristabilire un minimo di equilibrio, è necessaria una vittima.Tuttavia la storia è da Durrenmatt raccontata in modo diverso e pone altre domande. Dopo quasi cinquant`anni Claire torna nel suo paesello. Vi era stata abbandonata da un fidanzato che oggi è un povero cristo. piuttosto bonario e inoffensivo. Ma Claire è l’opposto che bonaria.
Poichè, dice, il mondo ha fatto di lei una puttana, vuole fare del mondo un bordello. Attraverso una serie di nove matrimoni. essendo diventata miliardaria compra tutto, compra anche la giustizia. La ragione del suo ritorno l’apparenta a Medea: brama che il suo antico fidanzato sia giustiziato, cioè ucciso, assassinato. La moralità lo proibisce? Non importa. Lo esige la giustizia e, appunto, la giustizia si compra.
Allora, chiede Durrenmatt, come si ristabilisce 1’ordine del mondo? Non esiste forse la prescrizione, ovvero il perdono? Oppure: che senso ha una «ubrys» contro un’altra «ubrys», ammesso che la rottura del fidanzamento tale fosse? E infine: Claire commette o risarcisce una ingiustizia? Queste domande nello spettacolo di Pugliese si stemperano nel rinvio alle iconografie (e ai ritmi sognanti) di De Filippo e di Viviani. Alla fine la presenza piu’ energica è quella del personaggio piu’ debole, della vittima designata, che è Massimo Foschi.
Franco Cordelli
Il SOLE-24ORE – 29.02.2004
Un ritorno al passato con vendetta
…la brava Isa Danieli, più che la furia vendicatrice, ne evidenzia un’allucinata nostalgia, quasi un funesto languore amoroso, mentre Massimo Foschi delinea con sottigliezza la graduale accettazione da parte di Ill del suo ruolo di vittima sacrificale.
…e non è male l’idea della costumista Silvia Polidori, che mostra i “visitati” – dapprima grigi e stinti – sempre più simili ai variopinti visitatori.La scena di Bruno Buonincontri rimanda alle strutture di una fabbrica, che con la sua chiusura ha messo in ginocchio la popolazione, emblema di una civiltà industriale le cui spietate leggi sono all’origine dell’efferata conclusione.
Renato Palazzi
La Nuova Ferrara – 13.03.2004
Pugliese monta lo spettacolo con mano leggera e felice, con poco scenario un po’ demodé e attrezzeria da teatro epico apprestato da Bruno Buonincontri.
Conta poi su due interpreti di invidiabile presenza scenica: Isa Danieli è la vecchia Claire che sa incarnare alla perfezione una condizione quasi paradossale mentre Massimo Foschi presta alla vittima predestinata un’umanità che si sforza di ragionare fino alla fine e tutti e due sanno donare una poesia quasi crepuscolare ad entrambi i personaggi.
Attorno un cast dai caratteri sempre indovinati… Elogio collettivo che va ad aggiungersi agli applausi calorosi del pubblico.
Alessandro Taverna
Il Resto del Carlino – 13 marzo 2004
L’allestimento diretto da Armando Pugliese, ha riscosso nella prima ferrarese quel successo che lo spiegamento di mezzi in termini di scenografia, numero degli attori e interpretazione, ha strameritato, anche e soprattutto per il coraggio dimostrato nel cimentarsi con un’opera nella quale è quasi inesistente il confine fra drammaticità e comicità….
…I cambi di scena a vista, arricchiti dall’intuizione di continuare a far recitare gli attori addirittura mentre spostano mobili e oggetti, hanno colto nel segno di uno spettacolo concepito nel rispetto dell’originale impostazione di Dürrenmatt.
Riccardo Roversi
Giornale del Popolo – 26.03.2004
La compagnia Gli Ipocriti ha saputo rendere la piéce dürrenmattiana in tutte le sue articolazioni verbali, canore e mimiche. Il pubblico ha applaudito a lungo l’interpretazione dei numerosi teatranti, capeggiati da Isa Danieli e da Massimo Foschi.
O.M.
Corriere del Ticino – 26.03.2004
…una rappresentazione che sa conquistare il pubblico fin dalle prime battute proprio grazie all’omogeneità della recitazione ed al ritmo perfettamente calibrato che tutti gli interpreti sanno mantenere durante le due ore e mezza di spettacolo. In perfetta sintonia con la pièce anche la scenografia di Bruno Buonincontri … i costumi di Silvia Polidori … e le musiche di Pasquale Scialò.…La Danieli è perfetta nei panni (e che panni!) di questa icona…
Antonio Mariotti
Azione – 31.03.2004
L’operazione, riuscitissima peraltro, non è scivolata in un divertissement programmato ma si è contraddistinta anche per una vena di straniamento brechtiano dai toni strehleriani, soprattutto nei caratteri che costellano la comunità del paese e nelle cantate corali che didascalizzano le situazioni più determinanti della storia. Un progetto sostenuto dagli ottimi costumi di Silvia Polidori…e dalla funzionale scenografia a pannelli verticali di Bruno Buonincontri. Farsa, commedia e dramma si mescolano con grande bravura da parte di tutti…Particolarmente apprezzata è stata l’interpretazione di Isa Danieli, attrice dalla forza straordinaria.
Procuste
La Sicilia – 01.04.2004
…Isa Danieli, affiancata da Massimo Foschi, sapientemente meschino e dignitoso nella parte, impera con pigrizia distratta, felina sulla scenografia divertente e sull’ottimo gruppo di attori, innestando con grande bravura nel personaggio tutta la sgradevole ambiguità che occorre… Grande padronanza dalla regia di Armando Pugliese, zampilli kitch, marcette irresistibili, costumi hollywoodiani, illustrazioni del racconto che, come nelle esequie della pantera nera, irrompono con allegria macabra e sfrontata. Solo un istante di tristezza si coglie verso la fine in questo spettacolo impeccabile, da non lasciarsi perdere.
Mirella Caveggia
Il Tempo – 14.04.2004
Una pièce spietata e grottesca, magnificamente interpretata da Isa Danieli…con intorno una popolazione prima grigia, opaca, poi animata con vesti sempre più colorate e scintillanti, apertissima al consumismo. Superbo Massimo Foschi…e magnifici si rivelano Lombardo Fornara, Virginia Da Brescia, Giuseppe De Rosa e tutti gli altri numerosissimi interpreti di uno spettacolo corale, accolto dal pubblico con minuti di applausi.
Carlo Rosati
L’Unità – 15.04.2004
Isa Danieli, brilla il suo talento nella ‘Vecchia signora’
L’elevato numero dei personaggi e i frequenti mutamenti d’ambiente hanno richiesto un impegno davvero non lieve ai curatori dell’allestimento.…più che notevole è parso il contributo dello scenografo Bruno Buonincontri, che con la costumista Silvia Polidori e con Cesare Accetta, responsabile delle luci, ha creato un pertinente quadro visivo.…ha spiccato risalto la partitura composta da Pasquale Scialò.…Quanto agli attori, Isa Danieli ha dato conferma di un singolare talento, dimostrato e affinato nei suoi cimenti, in particolare, con la drammaturgia eduardiana.
Aggeo Savioli
L’Avanti – 20.04.2004
Dico subito che Armando Pugliese,…, è tra i registi del nostro tempo senz’altro dotato della più grintosa genialità. I testi che mette in scena, lui li studia a fondo e ancora più a fondo penetra nel pensiero dell’autore. Cosicché il dialogo dei protagonisti e di quanti altri stanno loro attorno, viene frammentato, per penetrare ancor meglio nella struttura del discorso e il discorso stesso viene quindi esaltato o attenuato a seconda di ciò che vuol far meglio intendere allo spettatore. La parola, il teatro della parola, per lui diventa concerto di prosa e gli attori si trasformano in coreuti. A tutto ciò si aggiungono gli accorgimenti, o se vogliamo gli effetti scenici che danno ancora più verismo alla vicenda. … Per il ruolo della protagonista Armando Pugliese ha scelto, ed ha ben scelto, Isa Danieli…Con lei è in scena nel ruolo della vittima, un altro ben apprezzato attore, qual è Massimo Foschi.
Renato Ribaud
Il Giornale – 25.04.2004
… E oscilla proprio tra cupa ironia e consapevole distacco l’atmosfera che il regista Armando Pugliese ha voluto ricreare al teatro Qurino. Rilettura che vede la sempre egregia Isa Danieli e il bravo Massimo Foschi capeggiare un cast assai numeroso e dividersi l’anima di un gioco al massacro…
Nel raccontare questa assurda vicenda, Dürrenmatt non incede mai però in toni drammatici o melò. Piuttosto, colora di umorismo l’intero impianto allusivo del testo e Pugliese, da parte sua, non fa che accentuare queste note semiserie attraverso scene corali, una scenografia quasi naïf e belle musiche chiamate a intervallare e vivificare l’andamento dei fatti come in un dramma a tesi suscitatore di sacrosante riflessioni.
Laura Novelli
La Repubblica – 26.04.2004
Il gioco sanguinario della signora nostalgia
Ritratta come una somma di cliché grotteschi, con una corte di clowneschi relitti, la signora Claire Zachanassian brilla di verità e di poesia … la bravissima Isa Danieli ne fa una proteica figura dalle molte facce, concentrato di dive, bambola giocosa e carnefice spietata nella bella messa in scena sfaccettata di Armando Pugliese, tutta tesa a cogliere il lato ridicolo nella tragedia e viceversa.
…È questa superba dimostrazione della facilità con cui una società cede alla lusinghe del potere a dare un senso angoscioso di attualità alla brillante serata, mentre la stessa vittima, nell’interiorizzazione pudica di Massimo Foschi,… accetta il giudizio ormai unanime della cittadinanza, in una divertita prova corale di gran risalto.
Franco Quadri