Questi Fantasmi!
di Eduardo De Filippo
in coproduzione con Nuovo Teatro s.r.l.
Regia Armando Pugliese
scene Bruno Buonincontri
costumi Silvia Polidori
luci Cesare Accetta
musiche Pasquale Scialò
con Silvio Orlando
Tonino Taiuti
e con Carlo Di Maio, Mimma Lovoi, Daniela Marazita, Francesco Procopio, Lello Radice, Maria Laura Rondanini
Trama
In un appartamento di un grande palazzo secentesco vengono ad abitare Pasquale Lojacono (Silvio Orlando) e la giovane moglie Maria. Pasquale lascia la moglie all’oscuro dell’accordo tra lui e il proprietario per cui, in cambio di una permanenza gratuita, dovrà sfatare le dicerie sull’esistenza di fantasmi nella casa. Dopo aver parlato con il portiere, che approfittando della presunta presenza dei fantasmi ruba indisturbato, Pasquale si imbatte in Alfredo, amante della moglie, e, suggestionato dalla situazione lo scambia per un fantasma. Pasquale si ferma più volte a conversare con il suo dirimpettaio, il professor Santanna, silenzioso testimone di ciò che accade in casa. Alfredo provvede al mantenimento della coppia con continui regali e Pasquale, sentendosi beneficiato dal fantasma, vive felicemente senza porsi troppe domande. Non sopportando più la situazione di indifferenza dimostrata dal marito, Maria decide di fuggire con Alfredo. Ma i familiari di Alfredo scoprono il tradimento e corrono da Pasquale per rivelargli l’adulterio: Pasquale, suggestionato dalla inquietante presenza della famiglia, è indeciso se crederli fantasmi o persone vive.
Passano due mesi. Alfredo, è tornato con la moglie e Pasquale continua a vivere nel suo appartamento con Maria, ma senza ricevere più regali. Pasquale è ridotto in miseria e spera di vedere nuovamente il suo fantasma per chiedergli aiuto. Alfredo, desideroso di riabbracciare Maria, incappa in Pasquale. Questi gli si getta ai piedi e, rivelando il suo amore per la moglie, denuncia la pena di non poterle assicurare una vita dignitosa, Alfredo commosso da quelle parole, sta al gioco e regala a Pasquale il denaro desiderato.
Tratto da Il cattivo Eduardo
a cura di Italo Moscati, Marsilio, 1998
Note di regia
Questi fantasmi!, uno dei più famosi testi di Eduardo, etc., etc.
Mi viene da pensare:
questo testo ebbi il piacere di metterlo in scena per Luca De Filippo e la sua compagnia alcuni anni fa e, se la memoria non mi inganna, lo spettacolo andò molto bene.
Ovviamente spero che vada ugualmente bene anche questa realizzazione con Silvio Orlando protagonista.
Molto mi concentrai sulla casa degli spiriti a quel tempo, e sul rapporto dei personaggi con quella casa, molto mi concentrai sulle influenze scarpettiane e su quelle pirandelliane nella stesura eduardiana di uno dei suoi primi capolavori del dopoguerra, eppure…
Eppure qualcosa sicuramente doveva mancare, forse per la mia non sufficiente sostanziosa esperienza teatrale o umana.
Certo il gioco in bilico tra apparenza e reatà tra finzione e verità, che pervade tutto il lavoro è ciò che cercai di evidenziare, ma i piatti della bilancia forse pendevano un po’ troppo a favore dell’ingenuità del nostro Pasquale Lojacono.
Oggi mi chiedo: ma tutto il distinguo tra “fesso” e “furbo” così caro ai miei concittadini, quel distinguo che quasi sempre tralascia la considerazione che oltre a quelle due condizione possa esisterne una terza, l’intelligenza, l’avrò sottolineato a dovere? E riuscirò oggi a far capire che sostanzialmente di questa pasta è il nostro protagonista, perché così lo ha voluto l’autore, con le sue disperazioni e le sue esaltazioni, in una partita in cui mette in ballo il valore stesso della sua esistenza?
Speriamo di si, così come speriamo di far almeno intuire che aldilà del gioco dei fantasmi, aldilà dello svilupparsi degli interessi o degli appetiti o delle necessità dei nostri personaggi maschili, chiaro, anche se in forme diverse, fa risultare, l’autore, vero dramma quello delle donne.
Quello di Maria, donna inquieta e sballottata tra opposti sentimenti, che quando finalmente intravede la salvezza, se la vede sfumare sotto il naso.
Quello di Carmela, sorella del portiere rimasta scema… dopo una sortita in terrazza, magari per uno scherzo di dubbio gusto del nostro dirimpettaio, il professor Santanna.
Quello di Armida, la moglie tradita, che si ritrova abbandonata dal marito a gestire in una campagna sperduta i due “muorbidi”, come essa stessa definisce i suoi due figli…
…e finanche quello della defunta moglie del portiere, che forse perse la vita proprio a causa degli amorosi schiaffoni che l’uomo si era abituato a somministrarle per ammansirla o per “farla parlare”.
Già, perché aldilà delle incredibili trovate comiche e delle paradossali situazioni grottesche, proprio di dramma stiamo parlando, con tutti i suoi risvolti amari, compreso quel “…è probabile…speriamo” che lo chiude, foriero di altri drammi a venire…
Armando Pugliese
Autore
La vita
Sono nato a Napoli il 24 maggio 1900, dall’unione del più grande attore -autore – regista e capo – comico napoletano di quell’epoca, Eduardo Scarpetta con Luisa De Filippo, nubile. Ma ci volle del tempo per capire le circostanze della mia nascita perché a quei tempi i bambini non avevano la sveltezza e la strafottenza di quelli d’oggi e quando a undici anni seppi che ero “figlio di padre ignoto” per me fu un grosso choc. La curiosità morbosa della gente intorno a me non mi aiutò certo a raggiungere un equilibrio emotivo e mentale. Così, se da una parte ero orgoglioso di mio padre, della cui Compagnia ero entrato a far parte, sia pure saltuariamente, come comparsa e poi come attore, fin dall’età di quattro anni quando debuttai nei panni d’un giapponesino nella parodia dell’operetta Geisha, d’altra parte la fitta rete di pettegolezzi chiacchiere e malignità mi opprimeva dolorosamente. Mi sentivo respinto, oppure tollerato e messo in ridicolo solo perché “diverso”. Da molto tempo, ormai, ho capito che il talento si fa strada comunque e niente lo può fermare, ma è anche vero che esso cresce e si sviluppa più rigoglioso quando la persona che lo possiede viene considerata “diversa” dalla società. Infatti, la persona finisce per desiderare di esserlo davvero, diverso, e le sue forze si moltiplicano, il suo pensiero è in continua ebollizione, il fisico non conosce più stanchezza pur di raggiungere la meta che si è prefissa.
Tutto questo però allora non lo sapevo e la mia “diversità” mi pesava a tal punto che finii per lasciare la casa materna e la scuola e me ne andai in giro per il mondo da solo, con pochissimi soldi in tasca ma col fermo proposito di trovare la mia strada. Dovrei dire: di trovare la mia strada nella strada che avevo già scelto da sempre, il teatro, che è stato ed è tutto per me. Inutile parlare delle difficoltà, degli stenti, della fame: chi, da indipendente, vuole perseguire un ideale, va sempre incontro a periodi travagliati, ma se l’ideale ce l’hai e sai di poterlo servire degnamente sopporti ogni cosa. Per anni e anni feci di tutto: comparsa anche in cinema, attrezzista, direttore di scena, caratterista. Poco a poco mi feci un nome come attore e regista. La prima commedia vera e propria, un atto unico intitolato Farmacia di turno, la scrissi nel 1920, la prima regia ufficiale fu la messa in scena di una commedia musicale di E.L. Murolo, Surriento Gentile nel 1922, ma quante scene avevo scritto quante regie avevo già fatto senza poterle firmare. Fui in Compagnie di rivista; d’avanspettacolo, di prosa: nel 1931 formai la “Compagnia Teatro Umoristico I De Filippo”, con Tìtina e Peppino. Debuttammo trionfalmente con Natale in casa Cupiello e per anni passammo da un successo all’altro in tutta Italia.
Nel 1944 Peppino lasciò la “Compagnia”. Intanto stava per finire la guerra, e con essa il ventennio fascista. Finalmente avrei potuto cambiare il mio modo di scrivere; mentre durante il fascismo avevo dovuto nascondere le verità sociali sotto il grottesco e l’assurdo per non essere censurato, adesso potevo parlar chiaro e cimentarmi nella forma teatrale alla quale da sempre avevo aspirato, ed è poi la più antica: corrispondenza ideale tra vita e spettacolo, fusione ora armoniosa ora stridente tra riso e pianto, grottesco e sublime, dramma e commedia, abbandonando quell’artificio storico che è la netta divisione fra farsa e tragedia. Mi domandavo: “Ma perché per oltre due ore il pubblico deve o solo ridere o solo piangere? E perché gli spettatori, mettiamo, di Molière, accettavano le sue commedie tragiche – o tragedie comiche – e quelli di oggi non ci riescono?”.
La risposta che mi diedi fu una sola: “Non c’è ragione valida, c’è solo l’uso, divenuto tradizione, ditale artificiale divisione”. Scrissi allora Napoli milionaria, fondai una nuova compagnia, “il Teatro di Eduardo”, e, confortato dal grande successo ottenuto dal nuovo genere teatrale, ho continuato per trent’anni a scrivere e recitare una ventina di commedie, oggi conosciute e recitate in tutto il mondo. Riassumere una vita artistica tanto lunga e tanto piena di avvenimenti (mi sono occupato di cinema, televisione, radio, regie liriche; ho costruito un teatro a Napoli, ho formato la “Compagnia La Scarpettiana” che ho diretto per molti anni, ho scritto poesie, saggi, articoli, eccetera) non è cosa facile: tutto sembra importante eppure niente pare indispensabile, nel proprio passato, tanto che a un certo punto non si riesce a capire se si è detto troppo o troppo poco. Forse l’unica cosa che conta veramente nella vita di un artista è il futuro, ed il passato, a insistervi a lungo, limita la creatività e la voglia di essere creativi.
Eduardo De Filippo
Tratto da “Eduardo De Filippo. Vita e opere”
Arnoldo Mondatori Editore,1986
Scenografia
Prospettive che cambiano, punti di vista che si spostano, spazi in movimento, percorsi che mutano. Come una steadycam seguo la vicenda che si snoda attraverso un alternarsi di pieni e di vuoti, cerco di consegnare il movimento allo spettatore e lo conduco a visitare uno spazio che altrimenti sarebbe immobile e offrirebbe, con monotonia, sempre la spessa faccia. Cerco un naturalismo vivo e dinamico fatto di sensazioni e di verità sognate. Voglio dare l’illusione che fuori dallo spazio scenico viva un altro spazio ed un altro ancora. Varco i limiti del non visto per comunicare la sensazione che qualcosa esista anche al di là della nostra stessa immaginazione.
Chissà, forse è lo stesso stato d’animo del protagonista, forse è una “soggettiva”, che vede quell’appartamento con i suoi stessi occhi aperti al possibile e all’impossibile.
Bruno Buonincontri
Musiche
Presenze reali e immaginarie si agitano tra le stanze di un antico palazzo napoletano.
Come in un tragicomico valzer esistenziale ci si può imbattere anche con presenze immateriali di rumori, suoni, musiche. Ora dal tono burlesco, quasi a sottolineare lo scarto tra finzione e realtà.
Ora dal tono struggente per cogliere il doppio volto di un disagio: quello economico e quello della propria precaria condizione privata.
Così, questi fantasmi, qualche volta si fanno anche sentire!
Pasquale Scialò
Nota storico critica
Pasquale Lojacono è un piccolo borghese, ma non un “borghese piccolo piccolo”, di quelli che sono antipatici all’autore. Entra in scena con l’aspetto tra spaesato e clownesco che contraddistingue gli alter ego eduardiani; ed è altrettanto testardo: dopo aver tentato tutto il possibile nella continua ricerca di una svolta, di una soluzione che gli permetta di vivere un po’ di vita tranquilla e di offrire a sua moglie qualche agio, è disposto a credere nell’impossibile, a sperare che la ruota della Fortuna (come quella del Lotto) incominci a girare nel verso giusto.
“Eroe bastonato, ma non domato”, accetterà una nuova specie di Patto con il Diavolo: una tregua armata con i propri fantasmi della passione e della miseria, oltre che con la partenopea paura dei morti. Trasloca dunque in un palazzo seicentesco, infestato dalle ombre d’uno splendido e cruento passato ma occupato “al primo piano da una bella famiglia di soldati americani”, e baratta le sue disperate speranze con la propria anima. Il trasloco comprenderà infatti, chiuso in un armadio e travestito da fantasma principale, anche Alfredo Marigliano, l’amante della moglie!
La comicità fantastica nasce dall’ambiguità della situazione e del protagonista: “La forza della commedia sta in quest’ambiguità” conferma l’autore (Paese Sera, 6 gennaio 1977). La specifica ambiguità
di Pasquale Lojacono s’innesta su quella generale dei protagonisti eduardiani: sono sempre, anche, personaggi, e i loro discorsi non possono coincidere mai, assolutamente, con quelli del loro creatore. Ma qui il gioco è accresciuto dalla situazione paradossale in cui il protagonista è collocato, dal suo rapporto con i fantasmi: fede o mistificazione? […] Neppure il cruciale dialogo fra Pasquale e sua moglie Maria, consentirà di decidere se egli creda o finga di credere ai fantasmi. Questo dialogo che cerca il dialogo esprime l’incomprensione reciproca, ma facendo la parodia del vero dialogo finisce per imprigionare sempre di più il protagonista nel suo stato di ambiguità.
[…] La commedia vive delle sue contraddittorie segnalazioni, ed è stata progettata in funzione di esse: la corrente alternata di distacco e simpatia che distingue il rapporto dell’autore-attore con il protagonista consente allo spettatore di ridere di Pasquale e al tempo stesso di compatirlo, partecipando ai suoi guai materiali e morali. Ma proprio perché Questi fantasmi! eduardiani non insidiano soltanto un rapporto di coppia, bensì annunciano una problematica storico sociale, l’ambientazione quasi surreale, nel barocco appartamento infestato da spiriti antichi e moderni traduce in spazio e in clima scenico il presentimento di una ricaduta nel passato. L’appartamento toccato a Pasquale è labirintico come un mondo; metafora forse di Napoli forse dell’Italia, andrebbe liberato da ombre più attuali di quelle leggendarie dell’ Antico Cavaliere e della Bella Damigella…
Tratto da Il grande teatro di Eduardo De Filippo
a cura di Anna Barsotti, Fabbri editori, 2004
Gli attori sui personaggi
L’inquilino dell’ultimo piano. (trentaseiesimo giorno di prove)
Nel mio camerino funzionano due lampadine su sei, la luce centrale no. C’è una tenda che non si riesce proprio a chiudere: chi passasse ora per la strada potrebbe vedermi in mutande, ma non passa nessuno da parecchio…e sono felice!
Si, proprio felice, non una cosa che ci assomiglia, la felicità fatta di serenità, elettricità, consapevolezza, voglia di andare in scena .
Le prove sono un meraviglioso, faticoso processo creativo ma sono anche un processo, un processo in piena regola. Mai come nel nostro caso questo è avvenuto: ogni personaggio è stato messo alla sbarra. Armando Pugliese P.M. noi attori, avvocati difensori. Armando, immarcescibile anarchico-libertario-reazionario, vedeva nelle pieghe più oscure, più inconfessabili, sordide con furia apocalittica: più forte era la luce, più lunga l’ombra marcia che proiettava.
Anche io, perfido buonista, mi sono trovato a difenderlo, questo povero farabutto di Pasquale Lojacono. Ed in effetti nel meccanismo perverso, costruito da Eduardo, tutto appare semplice, lineare, addirittura disarmante: gli vuole bene lui al suo inquilino che ha abbandonato i mezzanini appena poco più luminosi dei bassi da cui si sente attirato, giù, sempre più giù, vertiginosamente.
Tutto troppo semplice, troppo lineare “troppo” appunto.
Pasquale Lojacono è soprattutto un mistero alle prese con un mistero più grande del suo. Alle prese con la vita che ti fa male e ti prende pure in giro. Alle prese con la paura di non farcela, di rimanere solo, di non riuscire a tenere insieme i brandelli di questa coppia crepata, sterile (anche questo è un elemento di grande modernità: l’assenza di figli, forse casuale, ma non in teatro si sa che il caso non esiste). Eduardo credo voglia bene alla sua tempra alla sua capacità i resistere senza mai voltarsi dall’altra parte, stando lì, eroicamente, senza scappare.
Il sud, ha detto qualcuno, è un paradiso abitato da diavoli: l’armonia da queste parti è una conquista più faticosa, più dolorosa che altrove. Uno degli errori fatali di Lojacono è quello di pensare che forse la si può raggiungere accumulando beni, roba bella. È questa, secondo me, l’intuizione più folgorante di questo capolavoro eduardiano: quello che ci avrebbe perso non sarebbe stata la fame, così devastante quando l’opera è stata scritta, ma la fame senza appettito che avrebbe devastato le nostre menti di lì a poco, che ci avrebbe resi così infelici senza sapere il perché.
P.S. Tre grazie per chiudere: il primo a Luca che mi ha regalato la gioia di cui parlava all’inizio. Il secondo ad Armando che mi ha restituito il senso del lavoro attore-regista, che mi mancava ormai da un po’. Il terzo a Carlo, Daniela, Francesca, Francesco, Lello, Maria Laura, Mimma, a Sandro, Mariano, Gianfranco, Francesca, Cinzia, Tommaso ed al mio amico e vecchio compagno Taiuti, che mi ha riconsegnato, intatte, la freschezza, la curiosità, la passione dei primi anni vissuti insieme in teatro e non solo.
(Pasquale Lojacono) Silvio Orlando
Io sono Maria, sono il dolore di non riuscire più ad amare,a capire l’uomo a cui,pure,ho legato la mia esistenza. La voglia di aprire gli occhi una mattina e trovare la mia vita diversa,senza la fatica di sentirmi gli occhi di tutti addosso,che mi giudicano,mi condannano. “Anima perduta,mi definisce
Eduardo,anche lui forse mi giudica,mi condanna. Mi riserva quell’ultima fatale beffa, quell’ultima illusione, quell’ultima carezza seguita da uno schiaffo beffardo che mi lascia così ammutolita senza neanche senza neanche la consolazione della follia che sembra circondare e assolvere le altre donne di questa vicenda.
(Maria Lojacono) Maria Laura Rondanini
In tutti noi convivono due personalità. Per comodità, tutti, o quasi, preferiamo portar fuori quella più confacente alla nostra società.
Solo pochi, talvolta, riescono a separare il cuore dalla mente e quindi a portar fuori l’altra personalità, quella nascosta, proibita, dettata esclusivamente dall’istinto, rischiando di essere considerati folli.
Ed ecco Alfredo che stufo di sognare solamente ciò che gli ha sempre dettato il proprio istinto, decide di agire.
Rompe ogni equilibrio.
Con ogni mezzo, combatte per riuscire a raggiungere l’irraggiungibile. Distrugge tutto quanto gli possa sembrare di aver costruito fino ad allora. Ma all’improvviso, come a svegliarsi da un sogno, sarà costretto a fermarsi e a tornare indietro.
Si rivelerà solo, come lo definì lo stesso autore, un’anima irrequieta.
Io, invece, grazie ad Alfredo e al teatro, ho l’opportunità esclusiva di poter portar fuori, come da uno specchio, l’immagine deformata della mia personalità.
(l’amante, Alfredo Marigliano) Francesco Procopio
Armida incuriosisce, cattura, fa sorridere, fa tenerezza, è ridicola,fa paura, pena, è viva. Mi piace, mi piace il suo cuore che non si rassegna a perdere l’uomo al quale si è dedicata oltremodo e che ora la tradisce. Mi piace la sua esuberanza sentimentale,il suo ostinato tentativo di sedurre con i mezzi che una donna di buona famiglia e sani principi può avere mi piace il suo essere plateale, il fatto che faccia il suo ingresso nella casa dove il marito “ vaga indisturbato”, insieme ad un pietoso e sgangherato corteo (i figli ed i vecchi di casa), l’unico che lei possa istruire e guidare per la “recita” dei fantasmi. Mi piace la sua distanza dal buon gusto che aumenta insieme alla sua incapacità di seguire il suo progetto di vendetta come lei stessa lo aveva concepito. Mi piace la follia che la possiede come un lampo, che annienta la sua dignità, che fa di una donna vera una maschera. Mi piace confondermi col suo tailleur grigio, nascondermi sotto il suo cappellino,sapere che nella sua borsetta c’è dell’arsenico (non si sa mai!). …e …sognare con lei l’applauso di chi è venuto a sentirla cantare.
(Armida Marigliano) Daniela Marazita
Non studio mai il personaggio da solo mi piace superare gli ostacoli insieme agli altri. Sono un autodidatta e mi faccio indicare la strada che deve diventare il cammino personale. Mi appassiono alle prove, ma poi ho bisogno del pubblico per completare il percorso. Mi piace giocare col personaggio che interpreto e faccio sempre in modo che lui sappia che dall’altra parte ci sono io.
Questo è il mio metodo.
Il portinaio di “questi fantasmi”, è un’anima vivente che recita nel presente “le sue ragioni sono state consumate nello stesso istante dell’attore che recita”. Il teatro è qui, adesso, ora e non c’è mai in questo recitare una prevaricazione sull’altro. “viene un momento in cui non si sa più esattamente quale personaggio stia sostenendo l’altro”.
Ho sempre avuto un amore per questa commedia, per come è scritta e soprattutto per come l’ho vista (quando ancora non facevo l’attore) nella versione televisiva di Eduardo. E’ una delle commedie che ha trasmesso in me la “passione” per il teatro. Raffaele viene definito dall’autore, anima nera. È un portinaio di un antico palazzo infestato dai fantasmi, dove ogni volta la sua comparsa ci riserva una piccola e amara sorpresa. Sin dall’inizio questo “pulcinella servitore” ci introduce con la sua parlata, in una Napoli radicata nella lingua di una città di teatro. Morbido e appuntito, melodico e sgraziato, scontroso e ruffiano. Il portiere ruota intorno alla scena in un rituale da cerchio magico, è lui che narra la fiaba… le sue “mariolerie” si accontentano ora di una cravatta, ora di un cappello, ora addirittura di una frittata di maccheroni.
Raffaele, sa tutto di tutti è un professionista del suo mestiere e vuole conservare quel posto che gli consente una vita comoda e truffaldina.Dove la sua anima nera danza accompagnando la sua solitudine, nel alone di mistero che aleggia nella casa. Ma qui per me non sono necessari i frutti di queste azioni, o le battute che dice questo personaggio, ma è “necessario” il teatro stesso che lui rappresenta. Un teatro che ci ricorda spesso, che “esiste” ancora. Fatto di regole e libertà, di regole e gioco, che non si riduce solo allo spettacolo, ma che è “la nostra residenza privilegiata, il muro che ci protegge e ci rinserra.” (Raffaele,il portiere) Tonino Taiuti
Da un “donnone” come me in scena ci si aspetterebbe l’interpretazione di un personaggio, dal carattere forte, deciso, imponente come la mia presenza. Invece il mio personaggio, Carmela , la sorella del portiere, l’anima dannata è una donna estremamente fragile sensibile; di cui la vita il destino e quindi la stessa volontà dell’autore ha voluto ridere, consegnando alla scena un personaggio carico di tragedia ma terribilmente “Buffo” capace di far ridere con le sue piccole e grandi paure . Lavorare insieme al regista alla messa in scena di questo personaggio così diverso da me ma così straordinariamente teatrale è stato molto divertente e stimolante , un piccolo traguardo nella mia carriera d’attore.
(sorella del portiere Carmela) Mimma Lovoi
Due facchini, due balordi due anonimi trasportatori,ai quali, Eduardo non da nemmeno un nome, che hanno solo unico desiderio quello di adempiere al loro dovere, recapitare un armadio, prendere la loro parcella e poi andarsi a “schiantare” un quartino di vino all’osteria di fronte. Un elogio alla indolenza e alla strafottenza napoletana. Un saggio consiglio su come sfuggire al lavoro.
(Primo facchino) Carlo Di Maio
La famiglia di Armida composta da Saverio Califano, un vecchio ed egregio professore di musica e la sua degna moglie Maddalena, Silvia e Arturo i figli che, vittime del dispotismo della loro madre la accompagnano in questa strana commedia a fare le sue rimostranze di moglie e madre tradita; ma
sarebbero volentieri rimasti a casa…
( Saverio Califano) Carlo Di Maio
La prima impressione che ebbi dopo aver letto la commedia, ovviamente dando uno sguardo particolare al personaggio che dovevo interpretare, cioè Gastone Califano, il cognato o come lo definisce l’autore “anima libera”, fu quella di costatare che Gastone, al contrario, per me non è af- fatto un’anima libera. Tutti i personaggi o quasi sono alla continua ricerca di un cambiamento o di un qualcosa che permetta loro di vivere meglio. Gastone come gioco degli opposti è il conservatore; l’unico che vuole che le cose restino così. La sua preoccupazione principale è quella di riportare a casa il cognato ma è solo un problema di egoismo. Opportunista fino alla fine, cerca nel cognato la certezza di una tranquillità economica e di un futuro che gli permetta di mantenere lo stato sociale a cui egli appartiene.
È anima libera, superficiale e di apparenza, non sono certamente i valori dell’unità della famiglia che lo interessano, ma i soldi che il cognato spende senza controllo per un’altra donna.
Se lo dovessi giudicare, nella realtà, direi che la sua personalità è priva di ogni morale, fino allo scivolone finale quando cerca di approfittare della moglie di Pasquale Lojacono,donna fragile in quel momento, e certamente più vulnerabile, perché sta per perdere tutto e quindi facile preda.
La mia sfida sarà quella di rendere il più vero possibile questo personaggio che nella vita reale non mi appartiene, nè nella sostanza, nè nei pensieri. Ma chi di noi nella realtà non si sarebbe preoccupato? Chi di noi non avrebbe colto l’occasione o non avrebbe cercato di approfittare.
Beh! Scagli la prima pietra….
(il cognato Gastone Califano ) Lello Radice
Curiosità
Eduardo racconta un avvenimento che gli ispirò questa commedia: ”C’era un vecchio con la barba che veniva a casa quando ci trovavamo tra amici. Raccontava di essere uno specialista di sedute spiritiche. Per convincermi mi diceva che spesso, tornando a casa sua, trovava un tipo che usciva e lo salutava.
Diceva di essere un fantasma. Io gli chiesi: ‘Lei è sposato? E sua moglie non dice nulla? Non se ne accorge, mi rispose, non lo vede. Così nacque Questi fantasmi!”
(Corriere della Sera, 17 gennaio 1983)
Il 7 gennaio del 1946 Questi fantasmi! viene rappresentata per la prima volta al Teatro Eliseo di Roma dalla compagnia “Il teatro di Eduardo con Titina De Filippo” è subito successo, applaudito dal pubblico e dalla critica, sarà la commedia con cui Eduardo esordisce come regista all’estero.
Ancora Eduardo: “ … ho dichiarato sempre che si tratta di una tragedia moderna perché c’è la capitolazione di tutti i sentimenti la distruzione di tutti i poteri morali di questa nostra, tra virgolette, civiltà. Insomma, è il momento di sbandamento del dopoguerra che ha rivoluzionato poi tutto. I fantasmi, chi sono ? Sono quelli che vivono questa nostra vita, sono i fantasmi del passato che vengono agli occhi alterati di Pasquale Lojacono e che sembrano fantasmi. Infatti quale è la sua battuta alla fine del secondo atto, quando si affaccia al balcone e parla con il professore? “ Niente professore… non è niente . Tutto a posto, tutto tranquillo. I fantasmi non esistono; i fantasmi siamo noi.” Siamo noi che consolidiamo e portiamo avanti a passo lentissimo le leggi più anacronistiche e più distruttive della terra. Questo è il significato dei Fantasmi “
(lezioni di teatro a cura P. Quarenghi, pp 68-69)
Orio Vergani
Pasquale Lojacono è un puro di cuore. È povero e vive di speranze. Di speranze, probabilmente, ha sempre vissuto, come tanta gente eguale a lui, a Napoli, e nel mondo. Le ha provate tutte e non glie ne è andata dritta nemmeno una. Non sappiamo chi sia, che mestiere faccia, da dove venga. Non sale dalla Napoli dei «bassi»: vegeta pallido in quella piccola borghesia napoletana, che è forse più antica dell’ottocentesca piccola borghesia francese. Potete trovarlo in qualche canzone, in molte commedie dialettali, in certe pagine della Serao: ha una sua dignità, un suo orgoglio, anche se sa ormai che deve vivere di mezzucci, di piccolissimi espedienti di castelli in aria. È dignitoso come è dignitoso un altro figlio delle metropoli moderne (non dimentichiamo che Napoli fu una delle prime città del mondo, due o tre secoli fa, ad avere il carattere sociale disperato ed altero delle metropoli),
come è dignitoso Charlot, quando si aggira puro e candido per i bassifondi di New York. Quando crede di aver trovato il modo di dare una sistemazione alla sua vita – e a quella della donna che ama, e che lo ha amato ma che non l’ama più – Pasquale Lojacono impegna la sua dignità e il suo onore a mantenere i suoi impegni. Alle sue spalle c’è il grigio panorama della miseria di Napoli e di tutto il mondo: nel suo cuore il panorama tormentoso dell’amore ormai non più corrisposto.[…]
[…] Povero, con una pentola d’alluminio in mano e sotto il braccio una gallina che muore nel momento stesso in cui si mette piede nella tetra dimora degli spiriti, Pasquale Lojacono, che ha più paura di tutti, si appresta a combattere la sua battaglia, e lo vediamo subito al lavoro, in uno stanzone che a destra e a sinistra, tra due balconi affacciati sulla strada e sulla platea, e da cui, ogni tanto, dovrà dare al vicinato le prove del suo viver pacifico.[…]
[…]Eduardo De Filippo è partito di qui, con la pentola e la gallina morta di Pasquale Lojacono. Egli che non deve credere ai fantasmi, è invece quello che ci crede di più. Crede, addirittura, che l’amante della moglie sia uno spirito benigno; che lo soccorre, in questi miseri tempi di svalutazione, con provvide offerte di biglietti da mille, crede che la famiglia dell’amante della moglie sia un’apparizione di trapassati e al terzo atto, addirittura, quando l’amante, che era momentaneamente scomparso lasciandolo di nuovo in miseria riappare – ma questa volta con l’intenzione di portarsi via la donna di cui non può fare a meno -, crede che si tratti di una nuova incarnazione dello spirito buono che l’aveva momentaneamente abbandonato, lo supplica di aiutarlo ancora, si butta in ginocchio davanti a lui come davanti al proprio angelo custode, gli confida la sua disperata pena di uomo che non vuol perdere, solamente perché è povero, la donna che è la sua vita e ottiene che l’amante fantasma, se ne vada intenerito lasciandogli la donna e, per giunta un bel pacco di bigliettoni da mille .
Tutti, per tre atti, lo credono un farabutto: lo credono tale la moglie, l’amante, il cognato dell’amante. Pasquale Lojacono è invece solamente un cuore puro, un angelo che crede ai demoni, e che li vince con la sua tragica innocenza.
Molte cose si diranno di questa commedia, dovuta all’uomo che appare oggi, il più alto se pur desolato spirito del nostro teatro. Il primo atto parte con una cadenza dialettale, tocca verso la metà, con la creazione del personaggio invisibile del professor Sant’Anna – un professore privato che abita nella casa di fronte – un tono tra il buffonesco ed elegiaco quale raramente si trova nel teatro di oggi, ha nel secondo atto un crescendo che ha il timbro del capolavoro di una devastata comicità, di un farsesco da terremoto, di una ilarità piena di lagrime e di ossa come una danza macabra; nel terzo atto segna appena verso il finale, quando si accenna alla fatalità per la quale sparito il primo amante-fantasma, un altro fantasma innamorato potrà forse sorgere a sostituirlo, qualche cedimento, perché la commedia si avvia sulle sabbie mobili, di una amarezza inevitabile sì, ma che dovrebbe giungere alla catastrofe comica che chiude il secondo. È certamente una commedia inconfrontabile come tutte o quasi, quelle italiane che abbiamo ascoltato in questi ultimi anni, e vi batte ogni tanto l’ala di un genio demoniaco e struggente. Parole che siamo felici di spendere.
[…] Si parlerà di tradizione della grande commedia dell’arte, del teatro dei fantocci – la tradizione ha anche punti di partenza consimili anche nel teatro dei burattini – e di teatro surrealista, come, con un aggettivo facile,ho sentito dire ieri sera.
[…] Uno spunto di maggior desolazione e di maggior apparente nichilismo non poteva essere sostenuto sui piani di una comicità sbiancata dal terrore e arroventata dal fuoco di una disperata innocenza con un ingranaggio più abile di battute, e con una più antica ricchezza di istinto scenico. […]
Dal testo:
“Per la vicenda che mi accingo a narrare, la disposizione scenica d’obbligo è la seguente: ai due lati del boccascena tra il proscenio e l’inizio delle due pareti, formando l’angolo per la prospettiva del pubblico, fanno corpo a sé due balconi che,si immagina fanno
parte dell’intera distesa del piano(…)” (did., I,p.135)
Il drammaturgo vuole aprire le quattro pareti della scena in interno, prolungando la distesa del piano mediante i due balconi obliqui, al di là dei quali staranno gli spettatori. Anche perché “nella parte” dell’invisibile Professor Santanna, con il quale il protagonista borghese e il suo contrastante doppio popolare (il portiere Raffaele) parlano dai balconi “sonno appunto gli spettatori, ossia l’occhio del mondo delegato ad un dirimpettaio”. (…)L’allocuzione al pubblico dell’attore – personaggio passata dalla Commedia dell’Arte nella tradizione dello spettacolo dialettale napoletano (e non solo napoletano), diventa una nuova formula di teatro – nel- teatro, che risucchia lo spettatore tra i personaggi…..
“Non è vero niente, professo’ (…) i fantasmi non esistono,li abbiamo creati noi, siamo noi i fantasmi…Ah…ah…ah… (mentre il temporale continua e quelli che litigano, nell’interno della camera, sempre gridando giungono sul limitare dell’uscio(…)…, per mostrarsi sempre più disinvolto canta) Ah…l’ammore che fa fa’…”(II,.p.137)
(…) Nel mondo reale non c’è posto per il meraviglioso, come quella giacca da casa attaccata all’appendiabiti, dalla cui tasca vengono fuori biglietti da mille! Perciò alla fine dello stesso atto – dopo che lo spettacolo fantastico dei sei personaggi lo avrà sconvolto al punto da cercare scampo fuori da uno dei balconi – Pasquale insisterà a nascondere la propria agitazione di fronte al Professore, denunciando tuttavia l’unica” verità” possibile..
(….) Professo’, professo’, avevate ragione voi … I fantasmi esistono (…) Ci ho parlato… Mi ha lasciato una somma di denaro…(Mostra i biglietti) Guardate …Però dice che ho sciolto la sua condanna, che non comparirà mai più…(Ascolta) Come?… Sotto altre sembianze? È probabile…
E speriamo…(III,p.182)
È il monologo dialogo più inquietante: la sua interpretazione può determinare il senso dell’opera. Eduardo attore per ristabilire la situazione di ambiguità della commedia non usava il codice fonico ma quello gestuale. Ovvero pronunciava la battuta “E speriamo…” con innocenza, ma contemporaneamente esibiva e contava freneticamente il pacco di bigliettoni! Prevale dunque, in Questi fantasmi!, il rapporto del protagonista con il trasparente Professor Santanna, l’unico personaggio che lo ascolterà fino in fondo. Il drammaturgo ricorre alla tecnica del finto dialogo in modo che lo spettatore rappresentato diventi ponte con lo spettatore reale. D’ altra parte il rapporto eduardiano con il pubblico è sempre meta-teatrale: lo spettatore è insieme confidente ed antagonista. Anche quell’armonioso dialogo che l’autore inventa per il suo protagonista – nel monologo d’apertura del II atto – è una partita truccata. Pasquale cerca di imbrogliare il suo dirimpettaio: ”in questa casa, posso garantirvi che regna la vera tranquillità (…) fantasmi, come fantasmi è proprio il caso di dire: neanche l’ombra! “(II,pp.153-54) Invece qualche “ombra” continua ad offuscare il suo ottimistico orizzonte(…), alla Pensione Lojacono non s’è ancora presentatao un “cane”…(…)
IL GIORNALE – Napoli, 20giugno 1946
Dal suo balcone Pasquale conversa con il professore che abita proprio di fronte e che anche lui ama prendere il fresco e scambiare quattro chiacchiere coi vicini.
Dei due interlocutori, noi dalla platea vediamo e udiamo soltanto il primo
L’ altro è un personaggio immaginario, e immaginario è il balcone dal quale conversa con Pasquale. E, per questo, ciò che dice lo intendiamo dalle risposte, dai sorrisi ora annuenti ora interroganti, dai furbeschi ammiccamenti, dalle argute mezze parole del personaggio “visibile” .
Da questo procedimento ingegnoso e dilettoso che ricorda alla lontana quello de “La voix humaine di Jean Cocteau”, trae i suoi primi effetti di sonora comicità.(…)
…Dopo quel primo pseudo–fantasma eccone degli altri(….) Tutti piagnucolano protestano, reclamano strepitano, inveiscono. E sono per il frastornato Pasquale, spettri non creature vive(….)
….L’equivoco scoppia in una girandola di invenzioni comiche sempre più vertiginosa e trascolorante. Con l’impeto di una fantasia che sa rendere dinamica anche la materia comica più vecchia e stanca. Eduardo De Filippo porta questo episodio al vertice di una comicità tonante e trascinante, attraverso una sinfonia di gridi, di pause, di furori, di sussulti, di risate, di lacrime, di abbandoni, di slanci, che reca il segno di una schietta genuinità di invenzione.
…. Al terzo atto il tono e la temperatura sono ben altri. Dalla pirotecnica vorticosità dei due atti precedenti, qui la commedia scende sommessa a un clima di mortificata umanità….
Achille Vesce
Recensioni
L’attore interpreta un cavallo di battaglia eduardiano e incanta il Comunale.
TENERO, SPLENDIDO ORLANDO
Grande prova in ‘Questi fantasmi’di De Filippo
Inetto, sprovveduto eppure tenero. Pasquale Lojacono, personaggio tante volte recitato da Eduardo De Filippo, suo creatore, conquista il cuore del pubblico del teatro Comunale.L’interpretazione di Silvio Orlando, attore comico ma anche profondamente drammatico, fa spiccare il lirismo amaro del celebre autore-attore napoletano. Lo confermano gli applausi scoscianti che hanno salutato l’attore e la sua compagnia Gli Ipocriti-Nuovo Teatro protagonisti di «Questi fantasmi», commedia scritta nel 1946 da Eduardo De Filippo, ormai nel pieno della svolta della «Cantata dei giorni dispari», raccolta iniziata dopo il distacco artistico dal fratello Peppino.Nulla va perso nell’interpretazione di Silvio Orlando, della complessità agro-dolce del piccolo borghese Lojacono, incapace di, dedicarsi a qualsiasi mestiere, incapace di avviare anche la pensione sfruttando un appartamento di 18 stanze, rimasto sfitto a causa di una leggenda di fantasmi.Sara’ lui,con la sua ingenuita’ disarmante alla fine,l’unico a credere ai fantasmi.Anche se il fantasma non e’ altro l’amante della moglie,e le uniche anime dannate vaganti nel palazzo sicentesco,non sono che la moglie,i fili e i suoceri dell’amante.Gli scambi,la diversa interpretazione data ai personaggi alla scena che li fa incontrare tutti nell’appartamenro di Lojacono garantiscono la risata,il divertimento.Ma accanto al mestiere ,che Eduardo sapeva applicare con scaltrezza,a catturare il pubblico e’ la profondita’ del personaggio.Lojacono non e’ lo sfruttatore che approfitta dell’amante della moglie per ottenere soldo che non sa guadagnare,lui invece crede veramente nei fantasmi.Il suo pensiero,le sue riflessioni da ingenuo esprimono in modo lancinante lo sguardo dolente di chi non sa fronteggiare le logiche crudeli della societa’,la legge del denaro e del potente.Il matrimonio privodi dialogo e novita’,la vita che si appiattisce giorno dopo giorno,la noia.Lojacono non si ribella,chiede solo quel poco di denaro necessario per non far appassire l’illusione dell’amore.
L’altra metà del cielo di ‘Questi Fantasmi’
Buona anche la seconda per l’opera di Eduardo De Filippo in scena al Municipale
Buona anche la seconda. Così è stato per la replica dell’opera di Eduardo De Filippo ‘questi fantasmi’, andata in scena ieri sera al Teatro Municipale. Il testo del drammaturgo napoletano scorre in equilibrio tra dramma e farsa, ironia e inquietudine. Un doppio binario che la compagnia ha seguito senza sbavature, convincendo la platea piacentina.
Capocomico un Silvio Orlando all’altezza delle aspettative. Sarcastico e coinvolto. Dietro ad una spessa cortina d’ironia si nasconde una profonda angoscia: Tra i rivoli del paradosso va in scena uno scontro fra debolezze, incrocio di piccole e grandi angosce. Un umorismo doloroso che si inalbera al cospetto di esistenze a metà. Sfogliando le pagine della messinscena si ha l’impressione che l’autore partenopeo abbia voluto scolpire un ruolo di primo piano sulle donne protagoniste dei due atti.
Sotto la penna di Eduardo finiscono femmine dal cuore azzoppato, comparse pugnalate nella femminilità, sfinite dal ronzio del tradimento. La conferma ci arriva dallo stesso regista Armando Pugliese. «Speriamo di far almeno intuire che aldilà del gioco dei fantasmi, aldila’ dello svilupparsi degli interessi e degli appetiti, l’autore fa risultare chiaro, vero dramma quello. delle donne…»
Sono donne in disarmo, in rotta con la vita, ai margini del sentimento. Rassegnate come la giovane e avvenente Maria (Maria Laura Rondanini), moglie del Lojacono, che graffia di rancore i suoi profondi silenzi. Una presenza inquieta che si aggira tra le stanze della vita senza meta. priva di obiettivi, svogliata, assente.
Il refugium di un amante come unico apparente approdo. Un’illusione: il generoso e benestante Alfredo l’abbandona al suo destino con il desiderio di una esistenza meno grama che le scivola tra le dita. Anima furente ma anch’essa vinta è la moglie di Alfredo incorniciata da una recitazione muscolosa, molto fisica dall’esuberante e bravissima Daniela Marazita. Armida combatte una battaglia già persa. ‘Sono morta da tempo’ rivela e probabilmente il suo unico scopo e proteggere i figli, ‘due muorbidi’ come lei stessa definisce. Agguerrito il suo urlo di disperazione, sopra le righe il suo recitato.
Patetica è, infine, la figura di Carmela (Mimma Lovoi), sorella del portiere Raffaele. La donna che, suo malgrado, si fa macchietta, sopraffatta dalla follia e sfregiata dalla vecchiaia. Vittima di se stessa e dell’indifferenza.
Matteo Prati
Orlando-Taiuti da applausi che belli ‘Questi fantasmi’
Ci sono voluti quasi vent’anni perché il teatro di Eduardo De Filippo potesse essere rappresentato perdendo la memoria del suo leggendario protagonista a tutto vantaggio dell’autore, uno dei più grandi, se non il più grande del secolo scorso. Ed ecco che ‘Questi fantasmi!’, messo in scena al teatro Diana da Armando Pugliese per Nuovo Teatro e’ Gli ipocriti, diventa uno spettacolo spartiacque, proiettato com’è verso una coralità altrimenti impossibile ed un’esaltazione del testo come magnifico tessuto e perfetta architettura drammaturgica al servizio di attori, regista, scenografo musicista e quanti hanno collaborato alla sua realizzazione.Così Silvio Orlando vince ancóra una volta la scommessa eduardiana, e lo fa dando al suo Pasquale Lojacono volto, gesti, accenti, di eccellente partecipazione e profonda comprensione,in una originalissima invenzione di schermaglie intime e paradossali smarrimenti.
Enigmatico profittatore o disarmata vittima non sappiamo.Ognuno scelga, ché Pugliese lascia il pubblico libero di arteggiare per una o l’altra delle possibilità, in questa sua splendida regia fortemente dinamica e attentissima a percorrere in perfetto equilibrio il filo teso da Eduardo per il funambolico percorso tra la disperazione della sopravvivenza e la profondità di un improbabile sorriso. Con brividi visionari suggeriti dalla scena di Bruno Buonicontri e alle musiche di Paquale Scialò. E bella costruzione di attori. Basta rifarsi all’incontro tra il nuovo inquilino preoccupato di sapere poco, ed il rapace portiere voglioso di dire troppo, che Silvio Orlando e Tonino Taiuti, in sintonia da manuale, costruiscono con tempi ed intuizioni tali da dilatare ogni riferimento precedente. Alla loro si aggiunge la bella prova di Francesco Procopio che con il suo Alfredo Marigliano ‘anima inquieta’e, terzo lato di un bel triangolo teatrale.Con loro Maria Laura Rondinini, Mimma Lovoi, Daniela Marazita nella sua irruente e tragicomica apparizione, e tutti gli altri attori della compagnia, dividono il successo pieno tributato dal pubblico che gremiva il teatro, alla ‘prima napoletana. Con un calore che per molti aveva anche il senso di una ‘scoperta’.
Giulio Baffi
In ‘Questi fantasmi’ Silvio Orlando supera la prova balcone
di Sabrina Busiri Vici
La prova del balcone per Silvio Orlando è stata decisiva. I suoi colloqui con l’immaginario professor Santanna sul caffè, sul tempo, ma soprattutto sull’esistenza o meno dei fantasmi hanno strappato più volte l’applauso convinto del pubblico del teatro Morlacchi, dove si replica la commedia eduardiana ‘Questi fantasmi’ con Silvio Orlando nella parte di quel poveruomo che è Pasquale Lojacono.
L’attore napoletano, dopo l’esperienza di ‘Eduardo al Kursaal’, ritorna sempre sotto la regia di Armando Pugliese a misurarsi con un classico importante del drammaturgo napoletano, confermando ciò che si era già percepito: Orlando con garbo e gentilezza restituisce l’equilibrio, proprio di Eduardo, tra il tragico e il comico. L’umorismo umano e amaro di questo interprete dirompe sul tragico, provocando continui scarti ritmici che fanno molto bene alla commedia. La scena si accende proprio grazie a quella disinvolta ironia, a quel dire le cose con lucida semplicità che comunque sanno fare anche gli altri attori della Compagnia del Nuovo Teatro, mentre non lasciano altrettanto il segno nell’interpretazione drammatica. ‘Questi fantasmi’ nella versione di Pugliese ne esce, tutto sommato, con la dignità che si addice a un classico. Non si può non sentirsi chiamati in causa quando Lojacono scopre, sempre parlando con il professore, che i fantasmi esistono e siamo noi. Noi li creiamo, a nostro piacimento, per addolcirci la realtà, per infondere un po’ di mistero alla miseria della vita, per raccontarci quello che più ci piace. Spesso la realtà è così banale: meglio pensare che ci sono i fantasmi. Perché no, strampalati ectoplasmi che ci hanno presi in simpatia e ci fanno i regali come la befana. Sarà meglio questo, piuttosto che ammettere di essere un marito ‘becco’, vigliacco e bisogno di essere mantenuto dall’amante della moglie. Certo, nel palazzo napoletano dove si consuma la vicenda dei coniugi Lojacono di soprannaturale c’è ben poco, eppure le cose accadono per volere del destino: si ‘esce pazzi’ come Carmela, la sorella del portiere; si ricerca un marito; si diventa benestanti, si perde tutto, compreso l’amante. Come se qualcuno muovesse le pedine dall’alto, tanto che Pugliese nel secondo atto più che far parlare gli attori li trasla con abilità nelle loro ombre, grazie alla luce di una candela. E della luna, fuori da quel balcone, dove Silvio Orlando con ispirata tragicità convince il fantasma/amante a lasciargli soldi e moglie. Ripristinando l’ambiguità del dramma. Con la soddisfazione del pubblico, che vuol credere ai fantasmi.
Ampi consensi per la pièce di De Filippo in scena al Morlacchi, fino a domenica prossima
I ‘fantasmi’ di Eduardo rivivono con Silvio Orlando
di Emanuela Traversini
La commedia di Eduardo torna al Morlacchi con l’interpretazione, collaudata nel genere, di Silvio Orlando. In ‘Questi fantasmi’ si racconta la storia di Pasquale Lojacono, uomo di mezza età che prende possesso di un ampio appartamento offerto dal proprietario per riscattarne la fama che lo vuole infestato da spiriti.Pasquale, un convincente Silvio Orlando la cui mimica regala simpatia al personaggio, ha accettato l’accordo perché non crede nell’esistenza dei fantasmi e vuole trasformare l’appartamento in una pensione ma basteranno i racconti del portiere per spaventarlo e persuaderlo della loto presenza.
Della leggenda che vuole ci siano due amanti murati vivi in una stanza, Pasquale non rende partecipe la moglie perché teme si rifiuti di abitare nella nuova casa. Ma se l’uomo mente alla moglie nascondendole questo mistero, la moglie, anima perduta, inganna il marito vivendo una relazione con Alfredo, amante premuroso che, scambiato per fantasma da Pasquale, elargisce denaro in quantità, per consentire alla coppia di vivete serenamente. Su questa linea di inganni si sviluppa una simpatia narrazione messa in scena in poche stanze del grande appartamento del quale possiamo percepire solo l’eco.
Lo spettacolo, portato da tre a due atti con la regia di Armando Pugliese, scorre veloce e il pubblico può gustarsi una commedia leggera e divenente. In scena non ci sono i grandi temi e le riflessioni fondamentali dell’uomo ma la semplicità e la quotidianità della vita raccontate dalla filosofia popolare. Nel mondo di Pasquale per essere felici basta un buon caffè e non hanno futuro i sentimenti puri di Romeo e Giulietta; spentisi quelli ci vuole il denaro per non far svanire l’amore e continuare a vivere felici.
Ci sono due poteri forti che vengono mostrati dal testo e dei quali è vittima Pasquale: la suggestione, dalla quale si scatena nella sua mente l’equivoco che gli fa scambiare ogni personaggio per un fantasma, e il denaro, visto come l’unica cosa che consente di realizzare i propri desideri e garantirsi così la felicità.
Sono soprattutto gli sfoghi di Pasquale a dare corpo ai dialoghi dai quali emerge una triste visione della natura umana:finzione, orgoglio, doppiezza sono i veri sentimenti degli uomini. Ma Pasquale, anima in pena, parla anche del suo amore per la moglie e del dolore che prova per non poterle assicurare una vita dignitosa; sono proprio le sue parole a commuovere il fantasma/amante, anima irrequieta, che rinuncerà così alla fuga progettata con Maria e regalerà il denaro preparato per la partenza, uscendo di scena per sempre. Alla fine Pasquale e Maria si trovano insieme, l’uno nella luce della luna e l’altra nell’oscurità della stanza ed è notevole il contrasto tra queste due figure e le loro lontane concezioni della felicità; per uno resta la speranza (di poter ricevere più denaro, un giorno), per l’altra la speranza (di una nuova vita) si spegne e muore.
L’opera di Eduardo interpretata da Silvio Orlando al Municipale
Fantasmi sempre attuali
‘Sarò il professor Santanna’, un’anima utile che non compare mai, un occhio vigile sulla scena, che sa offrire ascolto a Pasquale e un poco di consolazione di fronte alle amarezze della vita: questo disse il grande Eduardo circa il suo ruolo nella commedia ‘Questi Fantasmi’ rappresentata per la prima volta il 7 Gennaio 1946 al teatro Eliseo di Roma. Ebbene, nonostante siano passati vent’anni dalla sua scomparsa, Eduardo ha saputo mantenere la sua promessa, riuscendo ad aleggiare, proprio sotto forma di spirito, sul palcoscenico del Municipale in occasione dell’apertura della stagione di prosa 2004-2005 curata dal Teatro Gioco Vita. I ‘Fantasmi’ di Eduardo hanno infatti dato il via alla rassegna ‘Tre per Te’ ottenendo un enorme successo da parte del pubblico piacentino che ha fatto rilevare il tutto esaurito in entrambe le serate della rappresentazione.Il fascino che ancora oggi esercita il maestro del teatro partenopeo, la continua presenza delle sue opere nei cartelloni di prosa, è da ricercarsi proprio nel suo essere vicino alla gente, dentro a quei meccanismi sociali che generano i conflitti tra il singolo individuo e la società. Ciò che De Filippo mette in scena non è che il risultato dell’osservazione diretta del prossimo,dei diversi modi d’essere e di esprimersi dell’umanità. La commedia ‘Questi Fantasmi’, scritta come dichiarò l’autore stesso ‘per dire che i fantasmi non esistono, i fantasmi siamo noi, ridotti così dalla società che ci vuole ambigui, lacerati, insieme bugiardi e sinceri,generosi e vili’, è stata ma= gistralmente interpretata da Silvio Orlando, nel ruolo di Pasquale Lojacono, accom¬pagnato dagli attori delle compagnie ‘Gli Ipocriti’ e ‘Teatro Nuovo’, per la regia di Armando Pugliese.
Pasquale, è un’anima in pena, che dalla vita ha ottenuto solo delusioni, e per disperazione si lascia convincere a vivere; con la moglie Maria, in una casa con diciotto camere, abitata, secondo le dicerie popolari, da fantasmi. In realtà l’unico fantasma è un ‘fantasma finto’, Alfredo, amante di Maria, che per vedere l’amata si nasconde in casa. Ma Pasquale, rimanendo sempre in bilico tra la comprensione della realtà e la finzione, fa buon viso a cattivo gioco e preferisce non vedere il tradimento della moglie e approfittare dei doni portati dal fantasma.
Il dualismo fra verità e inganno cattura lo spettatore durante tutti e tre gli atti; il finale sembra propizio al protagonista, ma in realtà si tratta solo dell’ennesima illusione.
Ariana Belli
Orlando, un Lojacono con la mimica di Keaton
di Stefano De Stefano
Silvio Orlando lo aveva detto: «Dimenticate Eduardo, prima di entrare al Diana per assistere al nostro allestimento di ‘Questi fantasmi!’», la produzione degli Ipocriti in scena al teatro vomerese fino al 20 febbraio. Ed è stato di parola. Nella sua interpretazione di Pasquale Lojacono, non c’è traccia dell’incombente presenza attoriale del grande drammaturgo napoletano. Anzi Orlando affronta il complesso personaggio ideato da De Filippo nel 1946 non rinunciando mai, nemmeno per un attimo, al suo consueto stile interpretativo, fatto di parole mangiucchiate, di tic ripetuti, di battute a denti stretti e soprattutto di espressioni del volto, che spesso valgono più di mille parole. Laddove però gli improvvisi inarcamenti di sopracciglie o quei rapidi movimenti della bocca più che ricordare il maestro partenopeo rimandano ad un grande del cinema, quel Buster Keaton, al quale Silvio è stato più volte ‘ paragonato. E, ovviamente, tutto lo spettacolo risente fortemente delle attitudini dei suoi interpreti, fra i quali eccelle in particolare Tonino Taiuti che – assieme a Francesco Procopio (l’amante Alfredo Marigliano) – è l’unico che sembra catapultato sulle tavole del Diana da una macchina del tempo di eduardiana memoria. Il suo Raffaele, il portiere imbroglione e mariunciello – anima nera lo definisce l’autore – si misura a testa alta con la storica versione televisiva di del grande Ugo D’Alessio, regalando specie nella prima parte un ritmo poi non sempre omogeneo nel corso dei tre atti. E quando duetta con Orlando/Lojacono ci riporta alla memoria le brevi e divertentissime pièce del tempo che fu, quando la coppia ancora semisconosciuta frequentava i piccoli spazi cittadini con titoli come «La stanza» (1981) e «Due uomini e un armadio» (1983).Solo Che adesso il testo e’ quello, sì riconoscibilissimo, della commedia appartenente alla «Cantata dei giorni dispari». Che, come è noto, viaggiando in equilibrio fra l’immaginazione spiritistica quanto opportunistica del protagonista e la realtà cinica di chi tutto compra col denaro, vive di forti contrasti, fra divertimento e drammaticità. Mentre nell’attuale regia di Armando Pugliese – e questo anche grazie alle naturali propensioni dei protagonisti-, il registro comico prevale nettamente sull’altro, strappando a più riprese la risata al pubblico della «prima». Che non si è particolarmente entusiasmato per la celebre conversazione sul caffè con il virtuale professore Santanna – tirata via da Orlando con troppa velocità – quanto piuttosto per la scena dei «morticielli», quando Armida (Daniela
Marazita) accompagnata dai figli(Francesca Ponzio e Mariano Giamè), irrompe per recuperare il marito traditore. Con buona pace dell’amante Maria (Maria Laura Rondanini) e di suo marito Pasquale, ostinatamente sicuro della presenza benefica di fantasmi ricchi e generosi.
Eduardo e i fantasmi dell’egoismo
di Enrico Fiore
Attenzione alla didascalia che lo descrive: «Ha lo sguardo irrequiet dell’uomo scontento, ma che non si è dato per vinto. Insomma i guai non lo sorprendono mai (il corsivo è mio, n.d.r.) ». E decisiva è pure la battuta che gli rivolge Gastone Califano: «Voi non vedete perché non volete vedere, e quando vedete, fate finta di noti vedere». Del resto, lui stesso, Pasquale Lojacono, dice e ripete alla moglie che «non è scemo».In breve, la sottile e persistente ambiguità che connota il plot di «Questi fantasmi!» serve a Eduardo De Pilippo soprattutto per garantire, e impareggiabilmente, la tenuta dello sviluppo drammaturgico. Pasquale Lojacono finge soltanto di credere ai fantasmi. Infatti, dichiara all’immancabile professor Santanna: «I fantasmi non esistono, li abbiamo creati noi, siamo noi i fantasmi…». E’ in altri termini per inciso, giova ricordare che la commedia in questione rivela evidenti analogie con «Tutto per bene» di Pirandello – Pasquale s’ingegna, per proprio tornaconto, a cambiar di segno al mondo che lo circonda.
Ebbene, Armando Pugliese – regista dell’allestimento di «Questi fantasmi!» che Nuovo Teatro e Gli Ipocriti presentano al Diana – illustra tutto questo con precisione ed inventiva pari: perché non solo rimarca (ciò che già faceva nell’edizione della commedia da lui diretta nel ’92 per la compagnia di Luca De Filippo) la cattiveria e la disonestà di quelle «anime condannate all’inferno dell’ egoismo, ma, giustamente, traccia del loro carattere un ritratto impietoso in cui non sai se prevalga la paura, lo squallore, la vigliaccheria o la cialtronaggine.
Pasquale Lojacono è un omiciattolo nello stesso tempo grottesco,furbastro e viscido, un autentico – come diremmo a Napoli – «pidocchio». Alfredo Marigliano, il «fantasma amante di sua moglie Maria, è una sorta di bulletto stupido e fatuo.E Maria non è che una gracile fraschetta perennemente aggrappata a sogni di benessere che perennemente abortiscono: consideriamola quando, alla fine, Pugliese, con una bellissima e pregnante invenzione, la fa arrivare – vestita elegantemente da viaggio per fuggire con Alfredo – proprio mentre quest’ultimo si spoglia per sempre ciel ruolo di fantasma benefattore.
Non a caso, d’altronde, qui viene amplificato l’eco farsesca delle situazioni: vedi, per dirne solo una, il «se magnaie’a’nzalata» con cui il portiere Raffaele traduce il «mangio’ la foglia» di Pasquale. E aggiungo subito che rispetto a un simile quadro – Silvio Orlando (ovviamente nei panni dello stesso Pasquale) non potrebbe comportarsi meglio. Certe sue trovate – quando, poniamo, trasferisce il tremito della propria paura alla spalliera di una sedia e poi cerca di farsi coraggio attribuendo quel tremito a una zoppia della sedia medesima – sono semplicemente da antologia. E da antologia è anche la battuta a soggetto con cui l’altra sera ha mascherato l’errore d’essersi fatta sfuggire di mano la famosa tazzina di caffè: rivolto al solito e sempre invisibile professor Santanna, se n’è uscito con un impagabile: «c’avete un occhio, voi!…».
Eccellente anche il Raffaele di Tonino Taiuti, sospeso tra il «basso continuo» della perfidia e il guizzo improvviso d’iperboliche accensioni buffonesche. E bravo è a sua volta Francesco Procopio nel conferire ad Alfredo Marigliano i tratti «minimalistici» che gli competono. Sullo sfondo dell’impianto scenografico di Bruno Buonincotltri, opportunamente ispirato a un realismo che sfuma nell’astratto, troppi dislivelli s’avvertono, invece, rispetto agli altri interpreti. Particolarmente deboli risultano Maria Laura Rondanini (Maria), Lello Radice (Gastone Califano) e Daniela Marazita (Armida). In proposito, non si puo’ resistere al ricordo di quanto, nel ’92, facevano in quei ruoli, rispettivamente, Tosca d’Aquino, Vincenzo Salemme e Isa Danieli.
MUNICIPALE-Teatro esaurito per la’ prima’ della stagione di prosa con l’attore partenopeo
La Napoli di Orlando ha successo
Tra i Fantasmi di Eduardo un perdente da applausi
Un umorismo amaro, paradossale ma di grana umanissima per riconfermare la grandezza di Eduardo De Filippo, dei quale il 31 ottobre ricorreranno i vent’anni dalla morte. E’ quanto è emerso ancora una volta ieri sera al Teatro Municipale dove è andato in scena, nel nomedel grande drammaturgo napoletano, il primo atto della stagione di prosa curata dal Teatro Gioco Vita.
Protagonista della serata (lo spettacolo replica stasera alle 21) Silvio Orlando, uno dei volti televisivi e di cinema più noti della generazione di mezzo, che ha portato in scena con grande successo e tante risate Questi fantasmii di fronte ad un teatro esaurito. Alla fine, il pubblico ha sottolineato la bravura di tutti con scroscianti e prolungati applausi.
Pasquale Lojacono, il protagonista della pièce eduardiana, è uno dei personaggi più famosi del teatro di Eduardo (tanto che anche un popolare spot di un caffè ha preso a prestito la scena della commedia in cui Pasquale al balcone canta le lodi del caffè al professore dirimpettaio). E Orlando interpreta questa figura di disperato pendant di Cupiello, che va ad abitare gratuitamente in una casa solo per sfatare la credenza
che in essa ci siano fantasmi, con grande maturità e perfetti tempi teatrali, contornato da una numerosa e brava compagnia sotto l’attenta regia di Armando Pugliese. Orlando oggi sarà protagonista di una intensa ‘giornata piacentina’: alle 11-30 visita al Liceo Gioia e incontro con gli studenti, la dirigente Arvedi e l’assessore Calciati, alle 12.30 pranzo alla elementare Alberoni con la dirigente Vincenti e Sara Ilertuzzi, regista della video fiaba ‘Strano…straniero…Stranoceronte’ girata dai bambini dell’istituto. Oggi alle 17.30 per Ditelo all’attore, rassegna con i protagonisti delle stagioni di prosa del Municipale guidati dal critico teatrale Enrico Marcotti, Orlando incontrerà il pubblico al Teatro dei Filodrammatici.
EDUARDO DODICI ANNI DOPO
Il ritorno di ‘Questi fantasmi’ al Comunale
Era il 6,7,8, 9 aprile del 1992 quando in quadruplice serata la compagnia di Luca De Filippo portava al Comunale «Questi fantasmi» di Eduardo per la regia di Armando Pugliese. A distanza di oltre 12 anni sabato e domenica torna al Comunale la commedia, che ha esordito nel 1946 innestandosi nel momento cruciale della svolta del teatro di Eduardo precedendo di poco l’intenso realismo di «Filumena Marturano», in una nuova edizione del Nuovo Teatro con Silvio Orlando. Curiosità’: la regia è ancora una volta di Pugliese. Così Eduardo raccontava della nascita dei suoi «Fantasmi»: «C’era un vecchio con la barba che veniva a casa, quando ci trovavamo fra amici perchè raccontava di essere uno specialista di sedute spiritiche. Per convincermi, mi diceva che spesso tornan-do a casa sua, trovava un tipo ché usciva e lo salutava: Diceva di essere un fantasma. Io gli chiesi ‘lei è sposato? E sua moglie non dice nulla?’ ‘Non se ne accorge – mi rispose – non lo. vede’. Cosi nacquero «Questi fantasmi». Definita «commedia dall’umorismo doloroso» racconta della vicenda di Pasquale Lojacono,
che accetta in casa un fantasma . benefico; il ricco amante della moglie. E’ il tema del triangolo amoroso con la situazione esplicita dello scambio di uomini e donne in carne e ossa. Ne derivano – ovviamente -occasioni di farsa, ma anche inevitabili complicazioni nell’ambi-guo rapporto con i fantasmi, fonte di illusione e di speranza. Il finale è, come spesso accade in Eduardo,pirandelliano.Come lo è l’affermazione risalente al 1956 quando De’ Filippo disse:«probabilmente fra cinquant’anni riprenderanno ‘Questi fantasmi’ e non rideranno più perchè sarà la ricostruzione di un’epoca, perchè potranno vedere in quell’uomo che crede ai fantasmi per non credera alla realtà, la vita degli uomini». (a.v.)
Questi fantasmi, anime buone
Silvio Orlando candido, furbo e divertente Pasquale
Ci sono fantasmi e fantasmi.I fantasmi doc inglesi alla Oscar Wilde come il castellano di Canterville, vecchio ma sempre aristocraticamente sir e i fantasmi napoletani alla Eduardo De Filippo, poveri diavoli che hanno seri problemi con la vita. Con questi ultimi fantasmi. ancora in carne, ossa e appetiti, che si nascondono nell’armadio e appaiono portando alla loro bella un mazzo di fiori e un pollo già arrostito, s’è inaugurata la nuova stagione di prosa del Municipale, sezione portante del ricco e triplice cartellone ‘Tre per Te’ proposto da Teatro Gioco Vita di Diego Mai: un’apertura alla grande con un tutto esaurito e lunghi e festosi applausi.A gustare sul terrazzino di casa la mitica ‘tazzulella ‘e caffè’ amorevolmente preparata con le sue mani e con la classica ‘napoletana’ e a rendere l’ambigua innocenza e l’intima debolezza di Pasquale Lojacono. nel ruolo che fu di Eduardo, è Silvio Orlando, che cerca un giusto e malizioso dosaggio tra l’aria stranita, fessa e furba del suo personaggio.
Un Don Pasquale furbo sia coi caffè (se il caffè non gli viene buono, lui finge che lo sia) e sia coi fantasmi, che più che presenze ostili si rivelano anime buone e generose che fanno doppiamente comodo: perché gli lasciano soldi sul tavolo o nelle tasche della giacca e gli assicurano ‘la pancia piena’: e poi perché gli consentono di non guardare in faccia la verità e forse anche di fingere. Fingere quello che gli torna più comodo è forse il lato più oscuro sfuggente ma anche divertente della sua anima.
«Probabilmente fra 50 anni Questi fantasmi – disse una volta Eduardo in vena di profezie – saranno recitati come tragedia, e non rideranno più.La tragedia di un uomo che comincia col dire «Io ai fantasmi non ci credo», ma presto ci crederà per non credere alla realtà: un uomo pronto a credere qualunque cosa, anche la più assurda e improbabile, purché sia un appiglio per non naufragare. Modellata sull’ironia e sul patetismo della maschera di Eduardo, esempio tipico del suo umorismo doloroso, la storia triste e grottesca del triangolo amoroso e fantasmatico’ non va presa per una storia di corna della commedia all’italiana. In quell’immenso appartamento di 18 stanze dove Pasquale va ad abitare – affittatogli gratuitamente per sfatare le voci sugli spiriti che vi alloggiano- invece di un vero fantasma ne circola uno finto: Alfredo, amante di sua moglie.
In questo palazzo secentesco che nella sua lunga vita ne ha viste di tutti i colori e adesso anche gli spettri e pure un misterioso guerriero antico. Pasquale arriva con la gallina sotto il braccio, la forma di provolone appesa alla funicella e il canarino nella gabbietta coperta da uno straccio. Un solenne scenario che lo scenografo Bruno Buonincontri (autore anche dei costumi anni ’40) ha sintetizzato in un ampio interno – visto in prospettive lievemente mutevoli-con colonna, arcate, porte, scale, sfondi d’altre sale e in primo piano, al proscenio, da un lato e dall’altro del palco, le ringhiere dei due famosi balconcini.
E’ qui la casa del mistero e dei fantasmi e delle tragicomiche vicende di gente che non fa sempre ridere o fa ridere solo a metà: come Pasquale, l’uomo che prende lucciole per lanterne, come Raffaele (ben reso da Tonino Taiuti). Il guardaporte’, ossia portiere dello stabile, anima nera e pittoresco filosofo dei vicoli. E come non dovrebbe far ridere (e non faceva ridere con Eduardo, ma ammutolire) l’apparizione della tragica famiglia di morti: l’anima triste di Armida (impersonata da Daniela Marazita), moglie dell’adultero, e te anime innocenti dei suoi due figli, ma per Pasquale tutte anime dannate.
Per Eduardo De Filippo i personaggi di Questi fantasmi sono tutte ‘anime’: anima in pena quella di Pasquale, anima perduta quella di sua moglie Maria, irrequieta quella di Alfredo, amante di Maria. Da una parte l’anima fragile e amara, come il suo caffè, di Pa¬squale, con la buffa pavida credula ingenuità di un pover’uomo che, tradito dalla vita e dalla moglie, di fronte all’evidenza dell’infedeltà di lei, preferisce, da candido opportunista, chiudere gli occhi alla realtà delle corna e immaginare che siano i fantasmi a
visitargli la casa; e dall’altra parte l’anima spenta dagli stenti e dalle privazioni della moglie, la sua rassegnata tristezza (l’interpreta boaria Laura Rondanini: in questa parte recitò anni fa, in una edizione in italiano con Enrico Maria Salerno, Veronica Lario) e l’impossibile amore dell’ardente Alfredo (Francesco Procopio). Gli altri attori, mossi dalla regia di Armando Pugliese, sono Francesca Ponzio, Mariano Giamè. Mimma Lovoi. Lello Radice, Carlo di Maio, Cinzia Virguti, Sandro Amatucci.
Fra tanti fantasmi finti, uno vero: quello di Eduardo, invisibile presente. L’ha detto lui stesso: «Sarò il professore Santanna». anima utile che però non compare mai, vicino e dirimpettaio di Pasquale, interlocutore nei suoi colloqui addolciti di saggezza pietosa, di intima consolazione di fronte alle brutture del mondo. Nel palazzone abbandonato da tutti e deserto perché creduto infestato dagli spettri, Pasquale ha infatti imparato una cosa: che «i fantasmi siamo noi», creature che stentano a esistere, che non comunicano fra loro, che mettono paura.
Umberto Fava
‘Questi fantasmi’, in scena il valzer degli equivoci
di Matteo Prati
Scrutano, sogghignano, incalzano. Si addensano nella mente, annaspano nel rivoli del quotidiano. Sono i fantasmi che abitano in noi, che si impossessano di noi. Vivono lasciandoci sopravvivere tra imperfezioni e storture. I fantasmi che Eduardo De Filippo ha catturato per farne i protagonisti di una delle sue opere più note. Appartenente al periodo più maturo della sua produzione ‘questi fantasmi’ è andata in scena ieri sera al Municipale per la prima della stagione di prosa. Davanti ad un pubblico numeroso e partecipe (ripetuti e scroscianti gli applausi) si è srotolata la vicenda di Pasquale Lojacono, interpretato da un convincente e ironico Silvio Orlando, che accetta in casa, scambiandolo per un fantasma benevolo, lo spasimante della consorte. Un intreccio di comicità e malinconia, allegri spaventi, con gli occhi puntati sul tema del triangolo amoroso. A fare da scarne ed ossa scambiati per fantasmi. Il classico e ben articolato gioco degli equivoci è fradicio di quell’ ‘umorismo doloroso’ innato nello spirito del drammaturgo napoletano di cui proprio in questi giorni si celebra il ventennale della sua scomparsa. Il testo, scritto intorno alla metàfondo il fraintendimento: uomini e donne in degli anni quaranta, farsesco e vivace nei toni e nel linguaggio nasconde una profonda inquietudine. Amara, paradossale, umana. ‘I fantasmi siamo noi, ridotti casi dalla società che ci vuole ambigui, ci vuole lacerati. insieme bugiardi e sinceri, generosi e vili’ sibila la trama.Leggenda vuole che un antico palazzo napoletano sia infestato dai fantasmi. Il proprietario del luogo concede l’uso del palazzo all’umile e squattrinato Pasquale Lojacono. Con lui la moglie Maria. quest’ultima frequenta da qualche tempo un benestante del posto, Alfredo. Costui mal sopportando la scarsa agiatezza in cui si dibatte la sua bella Maria le regala cospicui quantitativi di denaro. Il povero Pasquale, sprovveduto e credulone, crede che il dono sia da attribuirsi alla magnanimità di un’accolita di simpatici fantasmi.La trama inizia a ‘grondare’ angoscia e preoccupazione quando il fantasma-amante decide che è il momento di scappare con la moglie di Pasquale ponendo fine agli equivoci spettrali. Quest’ultimo lo dissuade con un monologo struggente in cui confessa l’immutato amore per la giovane moglie.
Alfredo colpito dalla profondità e dalla genuinità del sentimento se ne va lasciando quei soldi che aveva messo da parte dopo aver progettato la fuga passionale.
IL MIO NOME E’ SILVIO E NON E’ UNA COINCIDENZA di Paolo Zannuti
Sotto quell’aria mansueta e remissiva Silvio Orlando deve nascondere una tempra da Maciste. Dice che questa e’ un’annata tosta, ma di soddisfazione: (Ho preso il posto di Eduardo De Filippo e di Nanni Moretti». Da protagonista, naturalmente. Del primo interpreta Questi fantasmi, al secondo ha sfilato la parte, visto che, per Il caimano, il regista ha deciso di rimanere dietro la macchina da presa, cedendo il ruolo centrale proprio a Silvio Orlando.Dal 7 gennaio 1947, anno in cui Questi fantasmi debutto’ trionfalmente all’Eliseo di Roma (dove torna dal 20 dicembre all’8 gennaio), soltanto Eduardo, suo figlio Luca ed Enrico Maria Salerno hanno portato in scena la commedia:’Luca se l’e’ tenuta come un pezzo buono dell’argenteria di famiglia. Non vuole inflazionarla, ne ha gestito i diritti con grande oculatezza». Per quel che riguarda Moretti, invece, i provini non promettevano niente di buono. <“Allora erano la paura del dissolvimento di un’armonia napoletana, anche un po’ immaginaria. Erano la preoccupazione per il nuovo che arrivava. Eduardo ha sempre messo al centro dei suoi testi la famiglia: dalla disgregazione di questo fulcro della societa’ napoletana nascevano tutti i suoi drammi. Ma con il regista Armando Pugliese abbiamo riconosciuto anche l’intuizione di una critica del rapporto fra l’uomo e le cose, le merci”.
Una critica marxiana?
‘Nel 1946 non c’era niente, miseria totale, nemmeno il pane da mettere in tavola. Pero’ forse Eduardo intuiva che non ci avrebbe rovinato quella fame li’, ma quella senza appetito sviluppatasi dal boom in poi».
Napoletano fuoriuscito, lei non va pazzo per la napoletanita’ e, da ragazzo, snobbava la tradizione per I’avanguardia. Ma da un po’ e’ tornato ad Eduardo: cos’e’, un ripensamento?
«Rifare Eduardo per me significa rifare il piu’ grande autore italiano del Novecento. Punto. Poi, per mia fortuna, era napoletano e quindi certi colori riesco a restituirli meglio. La sua morte e’ stata un trauma per tutti, come fosse scomparso uno di famiglia, ci si chiedeva se la sua opera gli sarebbe sopravvissuta. Ora che il lutto e’ stato elaborato e che suo figlio Luca ha raccolto cosi bene la sua eredita’, sappiamo che e’ eterno. E sta venendo su una generazione che lo puo’ affrontare senza sudditanze psicologiche, perche non lo abbiamo conosciuto, non ci abbiamo lavorato insieme. Tanta avanguardia e’ tornata a lui, pensi ai Sabato, domenica e lunedi di Toni Servillo».
Lei lo ha mai visto, Eduardo?
‘Solo in Natale in casa Cupiello’.
Con qualche spocchia giovanile?
‘Macche: cinque ore di fila al Festival dell’Unita di Napoli. E lo trovai strepitoso. Eduardo e’ quello che, spiegando il Sud, ha spiegato l’Italia, perche’ partendo dal tuo pianerottolo racconti il mondo. E ha cercato di accorciarla quest’Italia, mentre oggi vogliono allungarla».
Ma lei fa proprio Silvio?
‘In che senso? Silvio Orlando?’.
No, Berlusconi.
«Purtroppo Moretti ci ha fatto firmare un foglio in cui ci impegniamo a non rivelare niente della trama. E’un genio della comunicazione, lui».
E’ finita la lavorazione?
«Stanotte ho l’ultima scena. Spero.Perche Nanni monta mentre gira, quindi
ha i suoi ripensamenti, vuole rigirare…».
Farete in tempo a uscire nei cinemaprima delle elezioni?
«Dobbiamo. Assolutamente».
La lavorazione e’ stata piu’ veloce che per La stanza del figlio?
“Non mi pare, siamo sulle 24 settimane, ma e’ un film molto piu’ complicato, ci sono 60 location”.
E com’e’?
“Senza scaramanzie, credo che sia un grande film. Complesso. Non si tratta soltanto di politica”.
Beh il personaggio c’e: Berlusconi e’, a suo modo, una figura tragica.
“Come no, soprattutto per noi. Ma questo e’ anche un film dove si ride. Ci sono dentro tutte le cose che deve avere il cinema, quelle cose che ti spingono fuori di casa per girare nella citta’ come un lupo. Ma ci sono anche le risate».
Moretti, insomma.
‘Non mi pare che le sue ultime esperienze fossero comicissime. Ma questa volta aveva un’energia, una voglia di ritrovare la freschezza, impressionante. Sta benissimo, in grande forma, e questi cinque mesi sono stati esaltanti’.
Lei to farebbe un film con un regista di destra?
“Beh, con Squitieri non ho mai lavo¬rato. E non so se lavorerei con uno che ha una visione del mondo all’opposto della mia. Pero’ ho fatto un film con Sergio Citti, che non so proprio come collocare: la sua filosofia, per certi versi, era terribile. E lavorerei domani con Lars von Trier, che tira fuori il peggio nell’animo umano, e che, quando vedo i suoi film, mi mette in imbarazzo perche mi smuove i sentimenti piu bassi».
E con Muccino to farebbe un film?
«Perche no? E sempre uno che fa uscire la gente di casa per portarla al cinema. Non bisogna aver fretta a etichettare le persone, anche i registi crescono».
Ma un attore di Moretti ha il timore di venire disconosciuto se lavora in un film disapprovato dal Maestro?
“Io ho fatto cose che gli fanno cadere i capelli dalla testa. Ma un attore deve scegliersi la sua strada, prendersi i suoi rischi. Anche se devo dire che e stata un po’ dura lavorare a Emilio, un variety delta Fininvest, e recitare contempora¬neamente in Palombella rossa o il portaborse. Qualche commento acido prima o poi me lo beccavo».
“FRA IL DRAMMA E LA COMMEDIA UMANA”
di Rodolfo di Giammarco
Un capolavoro di Eduardo ‘Questi fantasmi’, festeggera’ tra poco (il 7 gennaio) i suoi 60 anni esatti di vita sullo stesso palcoscenico che nel 1946 vide il debutto della commedia, il Teatro Eliseo, e protagonista dello spettacolo in calendario gia’ da martedi 20 e’ ora Silvio Orlando che assieme ad una compagnia dove figura anche Tonino Faiuti fa affidamento sulla regia di Armando Pugliese (alla sua seconda messinscena di
questo testo, dopo avervi diretto anni fa Luca De Filippo).
Orlando, che tragitto ha fatto per misurarsi bene,
oggi, con un personaggio come Pasquale Lojacono, il marito che adotta una casa su cui gravano dicerie di fantasmi accettando il “fantasma”dell’amante vero della moglie?
“Ho alle spalle tutta un’esperienza graduale col teatro napoletano, un teatro che m’appartiene per origini umane e artistiche, e sono passato per i testi di Peppino De Filippo adottando poi anche gli atti unici di Eduardo. Avendo sperimentato e saturato varie risorse comiche, con Armando Pugliese ci siamo risolti a fare i conti con una commedia della maturita, dove le briglie vanno tenute memo sciolte”.
Qual’e’ la piu’ congeniale definizione, per lei, di un testo come ‘Questi fantasmi’?
‘E’ qualcosa che sta tra il dramma, la tragedia, la commedia umana. E’ un’opera interclassista, che riguarda sia il proletariato sia la borghesia. E’ una storia che riflette tutta la maestria eduardiana in tema di machina scenica oleatissima, il cui motore s’accende sempre, anche oggi, con un semplice giro di chiave’.
C’e’ il rischio di qualche convenzione rappresentativa?
“Forse (dico forse) la commedia e’ stata un po’ troppo oggetto di sintetizzazione simbolica attraverso un suo momento interno, quell’abbattimento della quarta parte con la scena della caffettiera sul balcone: una straordinaria trovata, ma per me non la piu significativa, tant’e’ vero the abbiamo cercato di restituire maggiormente tutto l’affresco”
Cosa incarna il suo Pasquale Lojacono? Un ‘fesso’ o un ‘furbo’?
‘Un po’ tutti e due. Nel suo eleggere a fantasma l’amante della moglie, nel suo tradurre in spettri e miraggi ogni fatto o apparizione strana, lui manifesta un’anima che in sostanza e’ ambigua, un misto di utilitarismo e cinismo. Altro che vittima’.
Silvio Orlando
‘Il mio Eduardo’
di Rodolfo di Giammarco
Nulla di canonico nell’edizione di Questi fantasmi di
Eduardo che ha per protagonista Silvio Orlando (con accanto a se, tra gli altri, Tonino Taiuti), che ha per regista Armando Pugliese, e che sara al Teatro Eliseo da martedi.
Orlando, quanto puo’ essere attuale Questi fantasmi?
«Molto. C’e una premonizione che 60 anni fa aveva analogie con la lettura pasoliniana del futuro. Il problema in cui siamo immersi e’ nella fame senza appetito della commedia, a nell’ansia di falsi bisogni che ci corrompono, che spingono proletariato e borghesia a debiti e mutui. Poi c’e l’irrazionalita in cui cadiamo sempre, ii mistero di noi stessi».
Con la sua faccia ‘facciosa’ lei incarna Pasquale Lojacono, il marito beffato (o che fa finta d’esserlo) dalla tresca della moglie il cui amante da’ sostentamento alla casa-albergo in odore di spettri adottata dallo stesso Pasquale. Comicita’ o malinconia grottesca?
«Mi tengo dentro la mia cifra patetica (che e’ironicamente la mia forza), e col mio corpo di 47enne lavoro di piu’ sull’espressivita, sui comportamenti di una svendita etica. Attento ai chiaroscuri, alle trappole magistrali che ci sono…».
Quali trappole?
« L’irruzione selvaggia della famiglia dell’amante nel secondo atto, con sbilanciamento verso la farsa. Gli spettatori che pensano ‘Adesso si ride’. Ma poi c’e lo straordinario terzo atto che comporta un primo monologo drammaticissimo, un’auto-parodia del portiere, e’ un conclusivo a solo di toccante intensita’ (quasi una partitura di sax). I paletti, nei testi di Eduardo, ti portano a recitare sempre piu alto.
Cosa ha suggerito, stavolta, la regia di Armando Pugliese?
«L’ambiguita. Io devo essere buffo ma anche lucido, cinico. Quanto piu Pasquale e condannabile, tanto piu si avra pieta’ di lui.
Il triangolo fra me, mia moglie e il suo amante e’ sordido.
Ed e’ una sfida irrisolvibile: l’altro uomo ha i soldi, il potere; il mio Pasquale ha la legge dalla sua, e la convenienza civile; mia moglie ha il primato tragico, vittima della societa. Tutte le donne qui se la passano male.’
In che senso?
‘La moglie dell’amante a una figura brutale. La sorelladel portiere impazzisce. La consorte di questo portinaio fu ammazzata a suon di botte. Anche.Io spazio e’ solido ma livido per luci fredde, tetre».
Come sitrovanel frattempo net film di Nanni Moretti, II caimano?
‘E la commedia drammatica the aspettavo da sempre, con comicita di natura anche politica (non la piu’ determinante)».
IL DRAMMA GROTTESCO DI EDUARDO
A quasi sessanta anni dalla sua prima rappresentazione su palcoscenico-torna martedi 20 con un nuovo allestimento proprio all’Eliseo che lo tenne ‘a battesimo’ il 7 gennaio del 1946 – uno dei capolavori di Eduardo De Filippo: Questi fantasmi! A calarsi nei panni di Pasquale Lojacono che accetta di andare a vivere in un grande palazzo con la giovane moglie Maria al fine di tacitare le voci che lo danno infestato dai fantasmi, a Silvio Orlando impegnato a tratteggiare questo strano personaggio, un po’fesso’ ma anche un po’ cinico…
« Speriamo di far intuire – spiega nelle note di regia Armando Pugliese che in passato ha gia curato un’edizione di questo testo per Luca De Filippo – che aldila del gioco dei fantasmi, aldila dello svilupparsi degli interessi o degli appetiti o delle necessita’ dei nostri personaggi maschili,chiaro,anche se in forme diverse,fa risultare,l’autore,vero dramma quello delle donne. Quello di Maria, donna inquieta e sballottata tra opposti sentimenti, che quando finalmente intravede la salvezza, se la vede sfumare sotto il naso.Quello di Carmela,sorella del portiere,rimasta scema…dopo una sortita in terrazza quello diArmida, la moglie tradita, che si ritrova abbandonata dal marito».
‘SONO PRONTO PER EDUARDO’
Pier Francesco Borgia
Sintetizzando, sono tre i motivi per i quali Armando Pugliese e Silvio Orlando hanno accettato la sfida di uno dei testi piu’ rappresentativi del teatro del grande Eduardo.
« Abbiamo scelto di lavorare su Questi fantasmi – spiega l’attore, che ha da poco terminato le riprese dell’ultimo film di Nanni Moretti intitolato Il Caimano – innanzitutto per una coincidenza anagrafica. De Filippo, infatti, aveva la mia eta’ quando porto’ in scena proprio all’Eliseo questa commedia. Poi perche con quella commedia condividiamo la stessa estrazione borghese e poi perche si tratta di un capolavoro assoluto».
E cosi a distanza di oltre undici lustri Questi fantasmi torna sul palcoscenico che l’ha vista nascere.
Per la “rodata” coppia Pugliese-Orlando si tratta del secondo anno di repliche. Questo allestimento assicura un perfetto equilibrio tra umorismo amaro e una vivace comicita, grazie anche alle incisive riflessioni sulla condizione umana e al continuo scambio di finzione e realta’.
‘Si tratta anche di un testo attuale – aggunge l’attore napoletano – perche ancor piu forte sentiamno messo in discussione dalla prepotenza delle cose e dal consumismo il rapporto tra cio’ che siamo e cio’ che vorremmo essere. Per Eduardo si trattava di una riflessione quasi scontata all’indomani della guerra che aveva si’ devastato tutto ma aveva anche rimesso in gioco antichi valori e nuovi orizzonti. Oggi, invece, la nostra poverta’ e’ tutta interiore’.
E pensare che un napoletano come Orlando c’e’ arrivato relativamente tardi al teatro eduardiano.
“E’ soltanto dal ’97 che ho a che fare con la famiglia De Filippo – racconta l’attore -. Ho iniziato con Peppino per giungere gradualmente ad alcuni dei capolavori di Eduardo come i cinque atti unici di Eduardo al Kursaal, affrontati sempre con Pugliese la scorsa stagione, e Sik Sik l’artefice magico che riproporro’ a febbraio in occasione del Carnevale veneziano’.
“Quando ho iniziato a calcare il palcoscenico – aggiunge Orlando – mi sono dedicate principalmente agli autori contemporanei e mi sono fatto coinvolgere nello spirito autenticamente avanguardista delle esperienze teatrali degli anni Settanta. Allora mi sembrava davvero lontano Eduardo. Sentivo che si era rotta una cerniera tra il teatro di tradizione (con la sua trasmissione di sapienza che avveniva soprattutto tramite le ‘famiglie’ della scena e quella della mia generazione di estrazione borghese the non avevano alle spalle una tradizione familiare. A distanza di anni la maturita’ acquisita sulla scena mi ha fatto avvicinare a poco a poco a quei capolavori, riconoscendoli come tali».
Oggi – conclude l’attore – si avverte un rifiorire del linguaggio teatrale e anche il pubblico e’ sostanziahnente cresciuto. Insomma e’ il momento giusto per riprendere in mano un classico come De Filippo».
Silvio Orlando, intanto, continua a dividersi tra set cinematografici e palcoscenico. Dimostrando una assenza di pregiudizi nei confronti della mediazione ci¬nematografica.
« Certo, recitare davanti al pubblico – chiosa Orlando – e’ un’altra cosa. Il cinema, piu che altro, e’ sogno. E prima o poi ci si sveglia. Meglio allora tenere gli occhi bene aperti e godersi l’esperienza della scena e l’applauso del pubblico.
De Filippo, Scarpetta: il teatro parla napoletano
Silvio Orlando: ”Eduardo ha intiuto i nostri dramma”
Per sfatare la leggenda dei fantasmi the abiterebbero la sua seicentesca dimora, un ricco proprietario affida a Pasquale Lojacono il compito di dimostrare
a tutto il vicinato che i fantasmi non esistono e che nella casa si svolge una normale vita domestica. In cambio,niente affitto. Cosi inizia Questi fantasmi, la commedia di Eduardo che da stasera all’8 gennaio sara’ all’Eliseo, protagonista Silvio Orlando.
Il suo Pasquale e’ un innocente, un opportunista o un furbo?
“E’ un impasto di tutte queste cose, per questo e’ attuale. Nello spettacolo lo condanniamo, ma proviamo pieta’ per lui e per noi, perche quel piccolo malefico patto the fa con se stesso e con la fonte del suo benessere e’ quello the facciamo noi ogni giorno in nome di un’agiatezza che non e’ mai veramente nostra, perche siamo in affitto. Il debito mette in sordina le possibilita’ di un popolo: una persona che deve pagare il mutuo non fara’ mai la rivoluzione, ma non fara’ neanche mai un capolavoro”.
Questi fantasmi e’ stata scritta sessanta anni fa, eppure…
“Era un periodo in cui non c’era neanche l’olio da mettere a tavola, ma Eduardo intuiva the il loro dramma sarebbe stato il nostro problema con l’avere piuttosto che con l’essere’.
Ci crede ai fantasmi?
“Come si fa a non credere ai fantasmi? I fantasmi siamo noi, la nostra paura di non essere all’altezza. Attraverso i fantasmi esorcizziamo l’ansia di essere buttati fuori dal contesto sociale”.
Dopo Eduardo al Kursaal la coppia Orlando-Pugliese con¬tinua sulla strada di Eduardo.
Perche Questi fantasmi “Quando Eduardo l’ha scritta aveva la mia eta’, e poi l’ambientazione piccolo borghese mi si addice. Pugliese e’ stato un guardiano del verbo scritto, anche perche un classico del genere e’ intoccabile. Puoi cercare un’ ombretta solo tua e qui il tentativo e’ stato rendere Pasquale meno ‘napoletano’ possibile”.
In Palombella rossa di Moretti (a marzo uscira’ il Caimano di cui Silvio Orlando sara’ protagonista) lei, allenatore di un’improbabile squadra di
pallanuoto, grida Basta palombe!. Era il 1989. Oggi a cosa grida ‘basta!’?
“Basta fare debiti! Cerchiamo di vivere con quello che abbiamo, di farcelo bastare, e di avere rapporti piu sereni con gli altri”
IL TEMPO – Questi fantasmi all’Eliseo
di Tiberia de Matteis
DOPO quasi sessanta anni dal debutto – avvenuto il 7 gennaio del 1946 al Teatro Eliseo – la commedia «Questi fantasmi» di Eduardo De Filippo torna sul palcoscenico dello spazio romano con un interprete d’eccezione come Silvio Orlando, diretto da Armando Pugliese. Forte dell’esperienza del precedente allestimento “Eduardo al Kursaal” l’attore napoletano conferma la sua originaria vocazione scenica, rifuggendo dall’imitazione eduardiana e trovando chiavi interpretative adeguate alla sua spiccata e incisiva personalita’.
Come si e’ calato nei panni di Pasquale Lojacono?
“Abbiamo deciso di evidenziare l’ambiguita’ del personaggio puntando sulla sua impossibilita’ di capire se sia vittima o puparo della bislacca situazione. Si immagina,quindi che voglia cercare un suo aggiustamento all’interno del rapporto perverso e terribile fra la moglie e l’amante. C’e’ in questo lavoro sia la lezione del primo Eduardo e della sua pura comicita’, sia la consapevolezza, acquisita alla fine della guerra, di poter formulare un teatro in presa diretta con la realta’, libero dall’ansia di far ridere a tutti i costi”
Cosa c’e di attuale in “Questi fantasmi’?
“La morale della commedia e’ di vitale importanza per il pubblico di oggi. Il protagonista vende praticamente la sua anima in nome di un presunto benessere. Nel suo cinismo utilitaristico ci possiamo rispecchiare: la nostra e’ una societa’ di persone disposte a tutto pur di ottenere qualcosa. Cerco di far emergere un contenuto cosi forte e di raccontare i disagi provocati, da una simile realta’”.
Che legame ha con Eduardo?
“Per noi napoletani la sua arte e’ l’orgoglio della nostra appartenenza. Eravamo fieri di vederlo e di seguirlo fra teatro e televisione. Lui trasmetteva alla gente l’aria che respiravamo in una certa Napoli nel momento storico in cui iniziavamo ad allontanarci da quella dimensione, trasferendoci in quartieri nuovi e abbandonando il dialetto. Non l’ho conosciuto di persona, ma la sua produzione mi e’ consona e di recente ho interpretato i suoi atti unici’.
Le riesce facile dividersi tra cinema e teatro?
“Per me il teatro e’ la concretezza del mestiere dell’attore, mentre il cinema e’ un sogno. Sono dieci anni che non rinuncio al teatro an¬che se ora sto finendo di girare ii nuovo film di Nanni Moretti ‘II caimano’: io sono il protagonista e lui si riserva un piccolo ruolo. Con me ci sono Michele Placido e Margherita Buy”.
Orlando e De Filippo tra gli spettri d’oggi
di Toni Callotta
Tempo giusto oggi per rivedere sul palcoscenico Questi fantasmi di Eduardo De Filippo. Perche viviamo fra scetticismi ma anche facile credulita’, e Pasquale Lojacono, personaggio al centro della commedia, della superstizione visionaria e’ immagine quasi mistica. E mitica, dato il rilievo unico che ha assunto nella produzione eduardiana. Morto il grande autore e interprete, si ripropone il dubbio se altri possano renderne adeguatamente dimensioni e sfumature senza tradirlo. Ma la domanda fu oziosa persino quando era Luca De Filippo, una decina d’anni fa, a vestire i panni del personaggio: convinse proprio in quanto era lui, diverso, ben servito della regia di Armando Pugliese. Ed ora, con lo stesso regista, e’ Silvio Orlando a cimentarsi nell’edizione di Questi fantasmi,all’Eliseo di Roma dopo l’esordio a Napoli sotto la duplice egida de Gli Ipocriti e Teatro Nuovo. Orlando (che per il cinema sta finendo di girare Il Caimano con Moretti) sorprende in questo suo incontro col teatro maggiore di Eduardo. Vi giunge a seguito di una lenta maturazione nel cinema (mai banale) e con il solo precedente dei cinque atti unici Al Kursaal ,deliziosi per leggiadria comica. Ma Questi fantasmi!, si sa, pone tematiche umane piu’ complesse. Lojacono si installa, ad affitto zero, in un palazzo spettrale, ovvero invaso da spettri di antiche tragedie secondo le convinzioni dei vicini. Ai quali, unica clausola d’affitto, deve dimostrare l’inconsistenza di queste credenze dando, da finestre e balconi, i segni di un ordinario e sereno menage familiare. Ma in quelle stanze si svolge un dramma reale: la moglie lo tradisce e I’amante, per avere via libera, si finge fantasma che infila in una giac¬ca di Pasquale cospicui ‘finanziamenti’, provvidenziali nella sua indigenza. E il beneficiato accetta: crede nei fantasmi o finge di crederci per non vedere la tresca? E qui l’ambiguita, vagamente pirandelliana, che muove il mirabile meccanismo drammaturgico e lo tiene teso fino al sensazionale epilogo. E allora ci si chiede: Lojacono e’ da compatire, come voleva l’autore definendolo ‘anima in pena’, perche’ tradito e fallito? Gli interrogativi intrigano mentre ci divertiamo per gli intrecci comici in cui rivive la festosita della commedia dell’arte. Silvio Orlando ci si immerge senza risparmio. Forte della ‘maschera’ sghemba, esaspera i contorcimenti mimici, introducendovi una venatura di intelligente perfidia. E fa tutta sua la scena celebre del caffe sul balconcino in conversazione con il ‘professore’ dirimpettaio. Grazie a Pugliese l’amalgama di tutta l’ottima compagnia, in cui spicca Tonino Taiuti, ottiene un effetto di grottesco ‘noir’. Che fa piu grande Eduardo
Questi fantasmi! siamo noi
Sessant’anni dopo il primo debutto della commedia di Eduardo
Silvio Orlando la ripropone al Teatro Eliseo con la regia di Pugliese
di Francesca De Sanctis
Le commedie del grande Eduardo, impossibile negarlo, piacciono eccome. E’ forse, lui, uno dei pochi autori che riesce sempre a trascinare gente a teatro. Amato dal pubblico e dagli attori stessi, come Silvio Orlando, per esempio, che da questa sera sara ‘sul palcoscenico del Teatro Eliseo con Questi fantasmi!, esattamente 60 anni dopo il debutto proprio all’Eliseo. Il 7 gennaio del 1946, infatti, Questi fantasmi! venne rappresentato per la prima volta dalla compagnia «Il teatro di Eduardo con Titina De Filippo». Fu anche la commedia con la quale Eduardo esordi’ come regista all’estero. E a 60 anni di distanza è Silvio Orlando il protagonista di questa nuova edizione, con la regia di Armando Pugliese. I due tomano di nuovo insieme, dunque, dopo Eduardo al Kursaal, che abbiamo visto al Teatro Ambra Jovinelli.
II tutto si svolge nell’appartamento di un grande palazzo secentesco, dove Pasquale Lojacono a la giovane moglie Maria – in cambio di una permanenza gratuita – dovranno sfatare le dicerie sull’ esistenza di fantasmi nella casa. Armando Pugliese, che ha gia curato un’edizione di questo testo per Luca De Filippo e la sua compagnia alcuni anni fa, nelle sue note di regia scrive: <nostri personaggi maschili, chiaro, anche se in forme diverse, fa risultare, l’autore, vero dramma quello delle donne>>.
E poi i fantasmi chi sono se non le ombre del passato che agli occhi alterati di Pasquale Lojacono sembrano presenze dell’altro mondo? Lo sintetizza bene nella sua battuta alla fine del secondo atto:’Niente professore. Non è niente. Tutto a posto, tutto tranquillo. I fantasmi non esistono. I fantasmi siamo noi’. Lo spettacolo sarà replicato fino all’8 gennaio.
ORLANDO IN CARNE ED OSSA TRA TUTTI “QUESTI FANTASMI”
Una perfetta ideale alchimia ha fatto incontrare il regista Armando Pugliese con l’attore Silvio Orlando, facendo si’ che in un’intesa comune venisse messo in scena uno tra i piu’ impegnativi lavori di Eduardo De Filippo:’Questi fantasmi’. La commedia, in queste sere all’Eliseo, proprio qui debuttò il 7 gennaio del 1946. A presentarla fu la compagnia ‘il teatro di Eduardo con Titina De Filippo’, il successo fu immediato. A proposito di questa sua opera Eduardo diceva: ‘Ho sempre pensato the si tratta di una tragedia moderna, perchè qui c’è la capitolazione di tutti i sentimenti. la distruzione di tutti i poteri morali di questa nostra. tra virgolette, civilta. Insomma, è il momento di sbandamento del dopoguerra the ha rivoluzionato poi tutto. I fantasmi, chi sono? Sono quelli the vivono questa nostra vita, sono i fantasmi del passato che vengono agli occhi alterati di Pasquale Lojacono e che sembrano fantasmi. Infatti, qual’è la sua battuta alla fine del secondo atto, quando si affaccia al balcone e parla con il professore? ‘Niente professore…non è niente. Tutto a posto, tutto tranquillo. I fantasmi non esistono: i fantasmi siamo noi’.
A voler esaminare l’idea di Eduardo, si riflette con lui the il dolore umano rafforza gli animi. conduce le coscienze alle proprie responsabilità, induce ad una riabilitazione. Mosso da questa convinzione. De Filippo traduce in materia teatrale le ferite, le miserie e i fermenti di rinascita del dopoguerra: di fronte a lui si agitano la morte e la distruzione, il ritorno alla vita e il recupero dei sentimenti, i1 tradimento e il raggiro.
E’ I’inizio del grande teatro racconto nella ‘Cantata dei giorni dispari’ e scandito nelle tre sequenze progressive, ma interdipendenti dell’individuo,della famiglia e della società.Il tema del male,scandagliato attraverso i personaggi e le loro storie, si stempera in una dimensione di attesa, forse preludio alla speranza. Fanno testo di questi palpiti e di queste amarezze, ‘Napoli milionaria’, scritta nel 1945 ovvero nell’immediato dopoguerra,ed ancora ‘Filumena Marturano’. venuta alla luce l’anno dopo, e, a completare il ciclo del dopoguerra. ‘Le voci di dentro’.
Una piu’ pacata disperazione alimenta invece il gioco surreale di ‘Questi fantasmi’, commedia scritta da Eduardo pure nel 1946. All’angoscia collettiva della guerra si sostituisce qui la privata inquietudine dell’uomo consapevole della vastità del mistero di cui a parte. Al centro della scena è il paradosso, breccia di penetrazione dell’enigma umano ottenuta con il continuo ribaltamento dei piani del visibile e dell’invisibile. Il protagonista ha perduto la primitiva innocenza e accetta le regole del compromesso, accorgendosi che l’illusione prevale sul male solo credendo ai fantasmi; inganno, amarezza e pietas esprimono un’umanità allucinata e sorniona, qui condannata senza scampo ad un magico artificio che mescola comicità e dolore.
Orlando impone dunque al personaggio di Pasquale Lojacono tutta quella trasognata irrealtà, tutta quella impotente rassegnazione che gli aveva dato Eduardo e di forte vibrazione è altresi la regia che Pugliese impone ad ogni momento della vicenda. Ed ecco the tra gli autentici e tra i fantasiosi personaggi si calano con convinzione, assieme a Tonino Taiuti, Carlo Di Maio, Mimma Lovoi, Daniela Marazita, Francesca Ponzio, Francesco Procopio, Lello Radice, Maria Laura Rondanini, Sandro Amatucci, Mariano Giame e Cinzia Virguti. Le scene e i costumi sono di Bruno Buonincontri; le musiche di Pasquale Scialo; le luci Cesare Accetta. La storia si svolge in un appartamento di un grande palazzo del Seicento, dove vanno ad abitare Lojacono (Orlando) e la giovane moglie Maria.
In cambio di una permanenza gratuita, dovranno sfatare le dicerie sull’esistenza di fantasmi nella casa. Pasquale, alla continua ricerca di una svolta, di una soluzione che gli permetta di offrire a sua moglie qualche agio, è disposto a credere nell’impossibile. Dopo aver parlato con il portiere, che approfittando della presunta presenza dei fantasmi ruba indisturbato, si imbatte in Alfredo,amante della moglie e, suggestionato dalla situazione, lo scambia per un fantasma. Il protagonista fra l’altro, si intrattiene piu’ volte a conversare e a filosofeggiare con il suo dirimpettaio, il professor Santana, silenzioso testimone di ciò che accade in casa. Non si accor
ge, o finge di non accorgersi che è il `fantasma Alfredo’ a provvedere in realtà al mantenimento suo e di sua moglie con continui regali. Anzi, beneficiato da quell’immaginario essere, vive felicemente, evitando testardamente di porsi troppe domande…
L’UNITA’
Niente paura: non è opera di fantasmi, è solo l’amante di tua moglie
Di Aggeo Savioli
Festoso ritorno di Questi fantasmi! a Roma, nello stesso Teatro Eliseo dove questo gran titolo postbellico di Eduardo De Filippo fu creato sessant’anni or sono. Nell’edizione odierna, regista Armando Pugliese, sotto l’insegna del partenopeo NuovoTeatro, a Silvio Orlando si affida il ruolo centrale di Pasquale Lojacono, «anima in pena», uomo di poche risorse, che si vede offrire, con l’esigente moglie Maria, alloggio gratuito in un’avita dimora dei Quartieri Spagnoli di Napoli. Suo compito sarà, mediante ripetuti segnali della propria presenza, sfatare la leggenda che vuole quella casa e i suoi paraggi abitati da strane apparizioni. Certo si è che, a quel suo nuovo abitante, pervengono frequenti, generose elargizioni. Ma il misterioso spirito, cui da principio Pasquale mostra di credere, si rivelerà essere l’amante non troppo segreto di Maria, Alfredo Marigliano (l’attore Francesco Procopio); col quale il protagonista avrà pure, alla fine, una sorta di spiegazione, tanto da suggerire alla vicenda un accenno di catarsi. Corposo spicco ha, nel testo come nel suo attuale allestimento, la figura del portiere e faccendiere Raffaele, disegnata con bravura da Tonino Taiuti, altro nome emergente del nostro Sud teatrale. La regia, del resto, tende a porre in buon risalto le presenze muliebri: Maria come Armida, la sposa umiliata di Alfredo, come Carmela, la stonata sorella di Raffaele: tutte immagini delta condizine femminile, destinate a sublimarsi, di li’ a poco (siamo sempre nel 1946), nel gran personaggio di Filumena Marturano.
E qui cade opportuno citare i nomi delle interpreti piu’ in evidenza, Maria Laura Rondanini, Daniela Marazita, Mimma Lovoi. La compagnia, nell’insieme,è comunque al suo meglio. E nello spettacolo, dalla densa tessitura (due ore e mezza la sua durata, intervallo incluso), si avvertono bene pertinenti contributi, in particolare quello dello scenografo e costumista Bruno Buonincontri. L’ambiente unico dell’azione drammatica è finemente storicizzato, senza eccessi di archeologia. E non trascurabile è l’apporto di Cesare Accetta, estroso e misurato curatore delle luci. Il sonoro, alternante rumori e musica, reca la firma sicura di Pasquale Scialo.
Accolto alla «prima» da calorosi consensi, Questi fantasmi! si replicherà, sulla ribalta romana, fino all’otto gennaio. La successiva tournée in programma toccherà, dalla Campania al Centro e quindi al Nord Italia, varie importanti ‘piazze’, per concludersi ad aprile, nell’imminenza di una primavera che si spera foriera di buone notizie, riguardanti il mondo dello spettacolo, oggi in lotta per la sopravvivenza, e l’Italia tutta. Si svolgeranno allora, infatti, le elezioni politiche generali, per scacciare i fantasmi ancora aleggianti sul nostro cielo.
OMAGGIO Una poesia per De Filippo
Ascolta Eduardo
i fantasmi siamo noi
I FANTASMI SIAMO NOI
Lu tiempo de li lacrem’è passato
Bene dicesti compagno Eduardo
Adesso è 1’ora d’un riso beffardo
Chè il pianto è stato tutto consumato.
Tu lumeggiasti l’uno e l’altro lato
Dell’esistenza, con un solo sguardo.
Finchè il destino ti scagliò il suo dardo
Strappandoti quel fiore delicato.
Gioia a dolore furono materia
Di tante storie scritte per la scena
La vita è una commedia semiseria
Che può parere a volte quasi oscena.
Resta la nobiltà della miseria
Se delle pene t’investe la piena.
Aggeo Savioli
Avvenimenti
Silvio Orlando, maschera perfetta
di Marcantonio Lucidi
Eduardo avrebbe potuto chiamare la sua commedia ‘La casa dei fantasmi’ oppure ‘Fantasmi napoletani’ o ancora ‘Casa di spettri’. Invece come titolo scelse – Eduardo era un genio – Questi fantasmi!, con il punto esclamativo. Proprio questi fantasmi, non altri, questi qua appartenenti al protagonista Pasquale Lojacono, venuto ad abitare in un appartamento infestato dagli spiriti in cambio d’una pigione da niente. Poi c’e il punto esclamativo che vuol dire: ma guarda un po’ questi fantasmi! I quali ovviamente non sono apparizioni soprannaturali,bensi’ l’amante della moglie di Pasquale che mette i soldi nella giacchetta del tradito e mantiene tutta la famiglia. Lojacono crede sul serio al fantasma generoso quanto un ambo al lotto sempre azzeccato? Questa ambiguità è la forza della commedia e ogni cosa che vi succede assume due significati agli occhi degli spettatori, ma uno solo per il protagonista,quello piu conveniente. Ora il prohlema è recitare su questo filo di rasoio che taglia in due il senso delle cose: Silvio Orlando se ne incarica,diretto dalla regia di un Armando Pugliese che sembra suggerirgli di dimenticare Eduardo e di contare soltanto su di sè,sulla propria bravura d’interprete dotato di corporeità e volto non anonimi, bensi’ anonimi in modo esagerato, al punto da divenire singolari. Orlando è una splendida maschera italiana e rappresenta colui che non è nessuno, ma un nessuno con personalità,quindi diverso dall’uomo della folla. E’ una maschera appunto, non uno stereotipo. Quindi Eduardo adesso è lontano,in un certo modo dal punto di vista teatrale oggi riposa in pace e le sue commedie sono diventate dei classici al pari dei titoli goldoniani o dei drammi di Pirandello. Insomma,la messinscena di Armando Pugliese (rodata da alcuni anni di riprese, all’Eliseo di Roma) prosegue sulla scia di quell’allestimento indimenticabile che è stato il Sabato, domenica e lunedi diretto da Toni Servillo: Eduardo finalmente è morto, viva Eduardo.Bravi tutti gli attori della compagnia (attualmente all’Eliseo di Roma), belle le scene di Bruno Buonincontri,una specie di cavernoso palazzo barocco in penombra a confermare l’idea della regia,ossia che l’azione non si svolge a ‘Napole’,ma a Napoli,Napoli come simbolo crepuscolare di molti luoghi del mondo e molti stati dell’animo.
La Stampa
Silvio Orlando eccellente per i fantasmi
di Masolino D’Amico
Forse Questi fantasmi (1946) non è la commedia piu’ perfetta di Eduardo, certo però oltre che una delle piu’ popolari- tutti ricordano almeno le chiacchierate al balcone del protagonista con l’invisibile dirimpettaio professor Santana e la classica descrizione di come si prepara un caffè alla napoletana- è una delle piu’ problematiche. Chi è infatti Pasquale Lojacono,l’intraprendente ma sfortunato traffichino che per disperazione ha accettato di abitare gratis in una casa visitata dai fantasmi e che per fantasma scambia quindi l’amante della moglie,le cui visite lasciano ,piccoli doni e sommette di denaro?Un becco compiacente che sfrutta la situazione? 0 un disperato che si aggrappa alla situazione per quanto folle? 0 una candido, sinceramente convinto che la fortuna finalmente gli sorride? il testo contiene elementi in favore di tutte e tre le letture. Per esempio, tanto ingenuo Pasquale non è: corbellato dal portiere che si approfitta dei fantasmi per derubarlo, a un certo punto mangia la foglia e ripaga costui della stessa moneta. La sua perorazione finale all’uomo che si ostina a credere fantasma sembra irresistibile tanto che costui, commosso, gll lascia parecchi soldi e gli promette che non si manifesterà piu; ma poi la partita che sembrava risolta a favore della buonafede di Pasquale viene riaperta dal commento conclusivo del professore – ‘Tornerà sotto altre forme’.
Armando Pugliese aveva già diretto un’ottima edizione di questo classico non molti anni addietro, per un Luca De Filippo che faceva rivivere gesti, intonazioni e anche un pò l’aspetto fisico del padre. L’allestimento odierno, sempre molto elegante (squisita scenografia di Bruno Buonincontri) sembra però piu’ meditato, con uno scavo ulteriore in certi personaggi collaterali e un tentativo di sottolineare la complessità del protagonista. Nel coro spiccano particolarmente il portiere gaglioffo di Tolino Taiuti, l’amante problematico di Francesco Procopio, la moglie fedifraga ma un tantino tormentata di Maria Laura Rondanini e la moglie tradita e prepotente di Daniela Marazita; se la cava anche Lello Radice come il cognato severo, una tinca. Troppo vistosa invece la caratterizzazione della sorella pazza del portiere, un numero che rischia di spostare lo spettacolo verso una facile farsa. Come il protagonista, infine, Silvio Orlando è eccellente proprio nella duplicità del sue ometto the da un lato aspira ad una dignità poetica quasi chapliniana, dall’altro (proprio come Charlot, a pensarci bene) ha le reazioni anche secche di chi ha avuto una dura scuola di vita. Le due ore e mezzo scorrono cosi’ impeccabilmente, e il successo le corona. All’Eliseo di Roma fin all’8 gennaio.
QN
Nel nome del magnifico Eduardo
Di Sergio Colomba
Eduardo è piu che mai presente anche nella proposte sceniche di questa stagione: al suo teatro si rivolgono, come ad un laboratorio sempre aperto di meraviglie artigiane e di inesauribili spunti speculativi, diverse generazioni di teatranti che ne rielaborano i temi o le tecniche con nuova sensibilità.Due esempi significativi si possono individuare nella programmazione di questi giorni.
‘Questi fantasmi'(1946) accentua ad ogni rtproposta la nota di amarezza che la percorre, e la sensibilità accesa di Eduardo per la società del suo tempo.Certo i canoni della farsa superstiziosa di Petito e Scarpetta ci sono tutti: il seicentesco palazzo napoletano infestato, il «monaciello» e la capa d’elefante, le apparizioni e la gallina. Ma Pasquale Lojacono, quando non trema di fifa tra lampi ed anime in pena, ci chiede di non farci troppo fuorviare. Il suo è in realtà il ritratto pieno dell’ uomo contemporaneo costretto all’ambiguità dal bisogno,dal fallimento economico e morale.Felicissima quindi la scelta di Silvio Orlando in questa edizione diretta da Armando Pugliese (all’Eliseo di Roma per tutte le feste, poi a gennaio e febbraio un lungo giro in Toscana, Firenze inclusa). Con quella faccia da quaresima piccolo-borghese sempre incline al perbenismo offeso che Orlando creda o no ai fantasmi importa ben poco: il suo ometto in grisaglia goffo e sbigottito non si limita a tirare bene i momenti piu’ farseschi, ma allude efficacemente e senza note patetiche ad una precisa metafora umana.La regia svaria tra realismo e invenzione dentro i labirinti del palazzo che in scena si muove componendosi.
Le 1000 facce di Pasquale Lojacono
Di Paola Conte
Siamo certi che debba essersi divertito molto Peppino Patroni Griffi,lassu’ dalla balconata piu’ remota di quel teatro che per anni è stata la sua casa.L’Eliseo dedica al maestro recentemente scomparso “Questi fantasmi!” una commedia in tre atti del grande Eduardo e se vi volete levare lo sfizio di una serata godibile questa e’ un’ottima occasione.Anche perché a fare gli onori di cassa nei malandati panni di Pasquale Lojacono e’ un eccezionale Silvio Orlando,che garantisce allo spettacolo quell’indispensabile carica di umanità e di simpatia non avulsa dalla mestizia di chi viene messo all’angolo dalla vita.E forse è proprio là che Lojacono vorrebbe sempre stare.Attenzione a non perdervi le mille espresiioni che si disegnano sul volto di Orlando:una sequenza di stati d’animo pittati in successione su un viso che racconta i patemi della sopravvivenza,i piccoli piaceri rincattucciati nella mezz’oretta del caffè dopo la pennichella e la ricerca di una possibile felicità,inseguita attraverso i piu’ disparati mestieri (“Ho fatto perfino l’impresario teatrale!”).Che poi possa arrivare mediante fantasmi o presunti tali,poco importa a Lojacono:alla comparsa di fiori,polli arrosto e soprattutto di soldi,Pasquale fa buon viso e sembra accettare la benevolenza degli spettri che imperversano nell’antico palazzo in cui si è appena trasferito:’Mi avranno preso in simpatia!’.Intanto accumula roba nell’illusione che questo possa rendere felice la giovane moglie,palesemente infeliceche il marito non si accorga o non voglia accorgersi che dietro a quel mistero assai poco mascherato c’è il suo amante danaroso che va e viene per la casa in attesa di scappare con lei.La regia di Armando Pugliese resta fedelissima alla versione che lo stesso Eduardo diede a questa ‘tragedia da ridere’ riproponendo uno spettacolo gonfio di napoletanità,di sarcasmo partenopeo,di ironia solare e bonaria,di riso amaro e strafottente.C’è una totale comunione di intenti nel non voler tradire la causa eduardiana,tale che il risulatato ci riempie di entusiasmo:per gli attori innanzitutto che brillano per il loro talento e su tutti,oltre al già citato Orlando,ricordiamo Tonino Taiuti,ovvero Raffaele il portiere.E poi le scene di Buonincontri,volumi in movimento dietro cui immaginiamo un fitto reticolo di corridoi.Insomma un esempio di gran teatro,giustamente applauditissimo dal pubblico.
Questi fantasmi cosi disincantati
Di Tiberia De Matteis
Agisce col cinismo sbandierato dei tempi attuali il Pasquale Lojacono incarnato da Silvio Orlando nella nuova versione dell’eduardiano ‘Questi fantasmi’, firmata dal regista Armando Pugliese e in scena all’Eliseo. La svagata timidezza del simpatico interprete napoletano regala al personaggio una goffaggine speciale, una grazia divertente e ludica, una consapevolezza sorniona e irridente,che rifugge dall’imitazione dell’autore-attore che debuttò con questa commedia proprio nel medesimo teatro romano, sessanta anni fa. Con la lungimiranza del drammaturgo che sa indagare e prevedere i meccanismi perversi del rapporto fra individuo e societa, De Filippo aveva probabilmente anticipato in questo suo lavoro il bieco interesse, la rassegnazione all’inganno e la necessità di rivalsa che regolano la nostra epoca.
Ma in una simile disincantata lettura del testo si perdono l’alone inquietante di mistero della situazione scenica,la perturbante ambiguità del personaggio, il dilemma metateatrale fra realtà e fmzione, il ritratto visionario e paradossale di un mondo ingiusto che avevano suscitato l’interesse delle platee bramose di assistere alla provocazione fantastica dell’amato Eduardo.A reggere qui il confronto col protagonista è il vivace Tonino Taiuti, esilarante e convincente nei panni del portiere Raffaele che approfitta della leggenda sui fantasmi celati nell’appartamento per compiere i suoi piccoli furti, mentre troppo caricaturale risulta Mimma Lovoi nella parte della sorella insana di mente. Alla sobria e composta recitazione di Maria Laura Rondanini nei panni della moglie fedifraga che Lojacono non vuole sbugiardare per non perdere le vantaggiose regalie del suo amante, si contrappone però la sgangherata epifania della famiglia abbandonata dall’adultero. I ritmi troppo spesso dilatati e alcune distonie della compagine scenica non valorizzano la sfaccettata e multiforme energia della scrittura originale deviando verso l’ironia sottile e la farsa la complessita di un dolente umorismo. Restano comunque pregevoli i monologhi con l’anima utile che non compare mai del Professor Santanna, con cui si mascherano gli a parte indirizzati al pubblico e la chiusura straziante in cui Lojacono confessa impietosamente i suoi complessi d’inferiorità, le miserie concrete e morali da uomo comune e i fragili appigli di speranza in un futuro tutto chiuso nello spazio mentale dell’immaginario.
Il Resto del Carlino
Silvio Orlando: «Col caimano ci sarà da divertirsi»
Di Beatrice Bertolucci
In primavera lo vedremo nel nuovo, attesissimo film di Nanni Moretti « I1 Caimano». E li’, su quel set, dice ironico, ha vissuto la sua Guantanamo. Ma Silvio Orlando, uno dei volti piu’ noti del nostro cinema, viene dal teatro e il teatro continua a essere per lui uno spazio privilegiato e irrinunciabiIe. In questi giorni è in scena al teatro Eliseo con «Questi fantasmi!» di Eduardo De Filippo, per la regia di Armando Pugliese. Dopo Roma, dove rimarrà fino all’8 gennaio,lo spettacolo andrà in tournee per l’Italia fino a metà aprile.
Orlando, una passione irrinunciabile il teatro?
«Cerco di portare avanti quella che in Italia sembra un’eresia, cioè fare tutte e due le cose, sia cinema sia teatro. Sono sei anni the tutte le stagioni sto facendo teatro e sembra che io sia prestato dal cinema al teatro. In realtà penso che le due cose siano assolutamente compatibili, anzi l’uno può dare forza all’altro.Uno dei miei piu’ grossi successi al cinema è stata ‘La scuola’, tratto dallo spettacolo teatrale ‘Sottobanco’ che avevo replicato per tre anni- con Angela Finocchiaro e, come in cinema, con la regia di Daniele Luchetti. Mi sembra che uno dei problemi del nostro cinema è quello che guardi soltanto se stesso e non cerchi risorse e energie nuove negli autori e attori di teatro. Mi sembra che dove questo succede, dove c’è questo interscambio tra cinema e teatro, come avviene in Francia, i risultati siano migliori».
Perche proprio «Questi fantasmi!»?
«Questo spettacolo è figlio di un altro che si intitolava ‘Eduardo al Kursaal’: tre farse della prima fase della carriera di Eduardo. Che poi, con ‘Napoli milionaria’, è passato a un tipo di teatro che aveva al centro la denuncia sociale. Eduardo aveva la mia età, quarantasette anni, quando ha scritto ‘Questi fantasmi’, un capolavoro, un testo bellissimo, con contenuti straordinari, di una modernità incredibile. I1 protagonista vive i rapporti con gli altri, anche i rapporti affettivi, attraverso il possesso delle cose, attraverso l’acquisizione di una posizione sociale determinata dal denaro. Sembra una storia di oggi».
Aveva conosciuto Eduardo?
«Di persona mai. L’avevo visto una volta a teatro in ‘Natale in casa Cupiello’. L’ho sempre amato, l’ho sempre sentito familiare. Da napoletano, ma non solo. Mi sono sempre reso conto della sua forza comunicativa, della sua capacità di essere colto e popolare nello stesso tempo, di essere cosi complesso e semplicissimo, di arrivare a tutti».
Come attore sente che il teatro le offre delle possibilità diverse dal cinema?
«Credo che il teatro sia la vera casa dell’attore, il luogo dove un attore può formarsi, crescere, sperimentarsi di piu, porsi delle domande. Il cinema è un po’ un sogno che ogni tanto fai e è bello, scintillante, emozionante, ma al cinema non servono domande, servono risposte da parte di un attore. Credo che il teatro sia il mio passato e il mio futuro: penso the sarà li’ che esprimerò la mia maturità».
Finora si è cimentato nella regia soltanto mettendo in scena due farse di Peppino De Filippo. Un’esperienza da ripetere, quella della regia?
«Quella volta il rapporto con i miei colleghi non fu proprio esaltante. Mi è bastato. Penso che il mio specifico sia la recitazione e li’ in questi anni sto crescendo. Fare il regista significherebbe ripartire da zero con un nuovo mestiere…
Dopo « Palombella rossa»,« ApriIe» e «La stanza del figlio», il «Caimano» è il quarto film in cui è diretto da Nanni Moretti. Com’è lavorare con lui?
«L’ho definita un po’ la mia Guantanamo. Abbiamo iniziato a girare il 23 maggio e abbiamo finito un giorno prima che debuttassi a teatro, a dicembre. E’ un po’ una sospensione della tua vita privata, dei tuoi diritti civili: devi seguire il suo percorso, starci dentro a quel percorso che fine a un certo punto è molto confuso e molto vago, poi improvvisamente diventa molto preciso. Quindi passi dall’angoscia della vaghezza all’angoscia di dover dare una risposta molto precisa a ciò che lui ti chiede».
«Il Caimano» affronta l’attualità politica e uscirà alla vigilia delle elezioni. Pensa the susciterà polemiche?
«L’attualità politica è presente e uno degli appeal del film è anche quello. Spero solo che tutto questo non schiacci il film in quanto tale; spero, egoisticamente, che ci si accorga anche del resto. L’elemento politico è uno degli elementi del film e a mio modesto avviso non è nemmeno il piu’ importante. Per me è un film sul cinema, sull’ossessione bellissima del cinema; un film sui rapporti umani. E è anche un film molto comico. divertente, una grande commedia, la commedia che ho sempre sognato di poter girare».
Silvio Orlando interpreta Eduardo De Filippo
‘…I fantasmi, chi sono? Sono quelli che vivono questa nostra vita, sono i fantasmi del passato the vengono agli occhi alterati di Pasquale Lojacono e che sembrano fantasmi. Infatti quale è la sua battuta alla fine del secondo atto, quando si affaccia al balcone e parla con il professore ? ‘ Niente professore… non è niente . Tutto a posto, tutto tranquillo. I fantasmi non esistono; i fantasmi siamo noi’.
In queste parole surreali, ma non troppo, ritroviamo tutta la commedia ove poveri uomini e fatti fantasiosi vogliono vivere la loro quotidianità per evadere miseria e noncuranza.
La trama prende avvio in un appartamento di un grande palazzo secentesco ove vengono ad abitare Pasquale Lojacono (Silvio Orlando) e la giovane moglie Maria. In cambio di una permanenza gratuita, dovranno sfatare le dicerie sull’esistenza di fantasmi nella casa. Il protagonista alla continua ricerca di una svolta, di una soluzione che gli permetta di offrire a sua moglie qualche agio, è disposto a credere nell’impossibile. Dopo aver parlato con il portiere, che approfittando della presunta presenza dei fantasmi ruba indisturbato, Pasquale si imbatte in Alfredo, amante della moglie, e, suggestionato dalla situazione, lo scambia per un fantasma. Pasquale si ferma piu volte a conversare con il suo dirimpettaio, il professor Santanna, silenzioso testimone di ciò che accade in casa, mentre Alfredo provvede al mantenimento della coppia con continui regali. Pasquale, sentendosi beneficiato dal fantasma, vive felicemente senza porsi troppe domande.
Eduardo racconta un avvenimento the gli ispirò questa commedia: ‘C’era un vecchio con la barba che veniva a casa quando ci trovavamo tra amici. Raccontava di essere uno specialista di sedute spiritiche. Per convincermi mi diceva che spesso, tornando a casa sua, trovava un tipo che usciva e lo salutava. Diceva di essere un fantasma. Io gli chiesi: Lei è sposato? E sua moglie non dice nulla? Non se ne accorge, mi rispose, non lo vede.
Cosi nacque ‘Questi fantasmi!’
<Molto mi concentrai sulla casa degli spiriti a quel tempo, e sul rapporto dei personaggi con quella casa, molto mi concentrai sulle influenze scarpettiane e su quelle pirandelliane nella stesura eduardiana di uno dei suoi primi capolavori del dopoguerra, eppure…
Eppure qualcosa sicuramente doveva mancare, forse per la mia non sufficiente sostanziosa esperienza teatrale o umana. Certo il gioco in bilico tra apparenza e realtà, tra finzione e verità, che pervade tutto il lavoro è ciò che cercai di evidenziare, ma i piatti della bilancia forse pendevano un po’ troppo a favore dell’ingenuità del nostro Pasquale Lojacono.
Oggi mi chiedo: ma tutto il distinguo tra ‘fesso’ e ‘furbo’ cosi’ caro ai miei concittadini, quel distinguo che quasi sempre tralascia la considerazione che oltre a quelle due condizioni possa esisterne una terza, intelligenza, l’avrò sottolineato a dovere? E riuscirò oggi a far capire che sostanzialmente di questa pasta è il nostro protagonista, perchè cosi’ lo ha voluto l’autore, con le sue disperazioni e le sue esaltazioni, in una partita in cui mette in ballo il valore stesso della sua esistenza?
Speriamo di si’, cosi’ come speriamo di far almeno intuire che aldilà del gioco dei fantasmi, aldilà dello svilupparsi degli interessi o degli appetiti o delle necessità dei nostri personaggi maschili, chiaro, anche se in forme diverse, fa risultare, l’autore, vero dramma quello delle donne. Quello di Maria, donna inquieta e sballottata tra opposti sentimenti, che quando finalmente intravede la salvezza, se la vede sfumare sotto il naso. Quello di Carmela, sorella del portiere rimasta scema… dopo una sortita in terrazza, magari per uno scherzo di dubbio gusto del nostro dirimpettaio, il professor Santanna. Quello di Armida, la moglie tradita, che si ritrova abbandonata dal marito a gestire in una campagna sperduta i due ‘muorbidi’, come essa stessa definisce i suoi due figli… e finanche quello della defunta moglie del portiere, che forse perse la vita proprio a causa degli amorosi schiaffoni the l’uomo si era abituato a somministrarle per ammansirla o per ‘farla parlare’.
Già, perchè aldilà delle incredibili trovate comiche e delle paradossali situazioni grottesche, proprio di dramma stiamo parlando, con tutti i suoi risvolti amari, compreso quel ‘…è probabile… speriamo’ che lo chiude, foriero di altri drammi a venire…>>.
Guerrino Mattei
IL Messaggero
Orlando, un Pasquale che non delude
Di Paola Polidorc
ROMA- Come Eduardo, anche Silvio Orlando ha una fisionomia e una mimica scolpite dal teatro. Anche lui, napoletano per nascita e per vocazione, ha una sua cifra attoriale che lo distingue e che lo rende riconoscibile, per questo il ‘suo’ Pasquale Lojacono è solo suo: ingenuamente furbo, timidamente scaltro, italiano quanto basta.
Pasquale è il protagonista di ‘Questi fantasmi!’, la commedia in tre atti di Eduardo De Filippo in scena fino all’8 gennaio all’Eliseo, teatro in cui venne rappresentata per la prima volta, sessant’anni fa.
«Ho sempre detto che era una tragedia ed è la tragedia moderna. Ho sempre detto pure: questa commedia ed altre commedie mie, quando si parlerà di storia di questo paese o di questo ‘mondo’, si reciteranno come commedie moderne», scriveva l’autore nelle sue Lezioni di teatro. L’allestimento di Armando Pugliese, fedelissimo all’originale nel testo, nella scena, nella definizione dei tipi, ne rispecchia le intenzioni, e racconta la storia di un poveruomo che, un po’ per tenersi buona la moglie, un po’ per effettiva necessità di tirare avanti e un po’ anche per pigrizia, accetta di vivere in una casa abitata (cosi vuole la tradizione) dai fantasmi. Non pagherà alcun affitto se riuscirà a dimostrare al vicinato che la leggenda è fasulla e in tal modo a ridare lustro alla seicentesca dimora. Il gioco delle parti e quello degli equivoci si incastrano perfettamente, al punto che rimane davvero difficile allo spettatore capire se Pasquale, come si dice a Roma, ‘ce fa o c’è’, ovvero se sia disposto a perdere la dignità e il rispetto della moglie pur di non perdere i suoi privilegi.
Affianca il bravo Silvio Orlando un giusto cast di maschere: ‘il portiere’ di Tonino Taiuti, sveglio e servizievole come si conviene; la pirandelliana ‘moglie’ di Maria Laura Rondanini, consumata dalla noia e dal disgusto per il marito; l’ipocrisia del buon nome e l’insinuarsi untuoso del ‘cognato’ di Lello Radice; la disinvoltura spocchiosa e comprensiva dell”amante’ di Francesco Procopio.
Lo spessore di una tragedia che, già nel 1945, diceva tutto di noi, fa il resto. I fantasmi, questo è chiaro, sono dentro di noi. Indovinate a chi tocca capire se debbano far paura o no?